Medicina
Intelligenza artificiale in corsia, la situazione in Italia
Un’esclusiva con il Prof.Michele Colajanni dell’Università di Bologna
Intelligenza Artificiale, dalla diagnostica alla telemedicina
L’Intelligenza Artificiale trova applicazione in diversi campi ed anche quello medico si sta progressivamente affacciando all’utilizzo di Big Data e automatismi nell’elaborazione di informazioni utili a rispondere alle esigenze della salute del paziente. Le sue applicazioni sono molteplici: dalla diagnostica alla chirurgia, dallo sviluppo dei farmaci alla riabilitazione. Per non parlare della telemedicina, rivelatasi risolutiva durante la pandemia, accelerando quel processo di transizione che non a caso è oggetto della missione 6 del PNRR. Ma a che punto siamo, in Italia, sull’introduzione dell’Intelligenza artificiale? Lo chiediamo al professore Michele Colajanni, Professore ordinario di ingegneria informatica all’Università di Bologna, che in questi giorni a Bologna, all’interno del Festival della Scienza Medica 2022, fa il punto sul tema con colleghi di fama internazionale nel corso del panel “Il medico e l’algoritmo. L’Intelligenza Artificiale in medicina”
Intelligenza Artificiale, le applicazioni ancora ai primordi in Italia
“Nella pratica clinica le applicazioni sono ai primordi. I settori nei quali l’AI ha portato i migliori risultati sono quelli nel campo della diagnostica, in particolare quella per immagini, della diagnosi anatomo-patologica e della dermatologia, dove comunque si affiancano come ausilio alla diagnosi medica e non la sostituiscono – spiega il prof. Colajanni -. Un altro ambito che appare tecnologicamente maturo, nel caso in cui si volesse applicarla, è quello della telemedicina. Con la moderna strumentazione a disposizione, trovano realizzazione le precondizioni di quantità e qualità dei dati digitali indispensabili per introdurre modelli di Intelligenza Artificiale nella realtà dei reparti di medicina. Inoltre, schiere di giovani ed esperti in tutto il mondo hanno contribuito per anni alla classificazione e alla valutazione delle immagini necessarie per l'apprendimento. Non sorprende che oggi le macchine siano diventate più veloci e più precise dell'uomo, ma l'Intelligenza Artificiale non lo ha rimpiazzato. Al contrario, l'Intelligenza Artificiale rappresenta un ausilio nell'eventuale approfondimento diagnostico, nel miglioramento della modalità in cui l'esame viene eseguito e della qualità dell'immagine. I medici troverebbero supporto nel rilevamento delle anomalie e nella formulazione di diagnosi semi-automatiche. Essendo gli ambiti più maturi, rappresentano anche gli scenari da seguire con attenzione per comprendere le possibilità di collaborazione medico-AI senza pregiudizi né aspettative fantasiose”.
A livello di infrastrutture e accessibilità alle tecnologie, il sistema italiano come si colloca nel panorama mondiale?
"L'Italia è sempre il Paese a macchia di leopardo. Ci sono punte di eccellenza di livello internazionale e ambiti dove il problema non è neanche preso in considerazione. Tuttavia, nonostante molteplici iniziative di singoli gruppi ricerca, è mancata fino ad ora la visione sistemica e strategica che c'è in altri Paesi. L'auspicio è che con il PNRR si possano superare le difficoltà del passato".
Una banca dati globale – che raccolga e condivida dati sia della sanità pubblica che privata – utopia o possibilità su cui si può lavorare?
"Tecnicamente è fattibilissima e sarebbe il prerequisito già discusso per la diffusione dell'AI in medicina. Diventa complessa per le modalità di selezione, validazione e gestione dei dati. Potrebbe diventare utopica riflettendo sulle implicazioni economico e legali che una simile banca dati andrebbe a influenzare. Come accade spesso, i maggiori problemi non sono di natura tecnologica, ma politica. In ogni caso, alcune regioni ci stanno riflettendo seriamente e questo è un bene".
La medicina del futuro si baserà sui big data? Se sì in che misura secondo lei?
"Su questo non avrei alcun dubbio in quanto sta già diventando così in ambiti sempre più ampi. E se penso a uno scenario a dieci anni con tanti sensori e dispositivi intorno a noi, ci meraviglieremo di come abbiamo fatto a sopravvivere negli anni bui della medicina del passato. L'Intelligenza Artificiale non rimpiazzerà il medico, ma il medico e la clinica che sapranno sfruttare i Big Data e l'Intelligenza Artificiale saranno destinati a rimpiazzare quelli che non lo faranno".
Perché si avverte ancora una certa resistenza verso lo sfruttamento intensivo delle informazioni digitali in campo medico?
"Qualsiasi rivoluzione ha sostenitori entusiasti e oppositori. Non ci dobbiamo meravigliare che anche la rivoluzione digitale possa destare timori in tutti i settori e non soltanto in quello medico. Non c'è più alcun processo di business che non abbia a che fare con computer, reti e dati digitalizzati. Cambiano i rapporti di forza tra i ruoli e le competenze esistenti: per una volta, i giovani sono avvantaggiati rispetto ai meno giovani. Ma questi ultimi hanno il potere di frenata: è psicologicamente comprensibile che si tema ciò che non si conosce. Dovremo lavorare moltissimo sia sulle competenze sia sulla consapevolezza delle opportunità e dei rischi."
Il dato elaborato dall’algoritmo potrà sostituire o prevalere sull’opinione e sulla scelta medica?
"Questa domanda ne contiene in realtà due: il risultato ottenuto dall'algoritmo può essere di migliore qualità dell'opinione medica? Tale risultato potrà prevalere sulla decisione medica? Alla prima domanda rispondo che bisognerà valutare ambito per ambito. Alla seconda domanda, devono rispondere i medici, non i professori di ingegneria informatica. Tuttavia, potrei ipotizzare uno scenario in cui servirà un medico per confermare l’"opinione" della macchina, mentre servirà una commissione per smentirla. Anche perché vi potrebbero essere riflessi legali significativi".
Considerando un futuro in cui l’intelligenza artificiale sarà integrata in medicina al meglio, quali aspetti rimarranno secondo lei imprescindibili dall’aspetto umano?
"Il rapporto umano, soprattutto quando l'uomo è nello stato di paziente, non potrà essere sostituito da alcuna macchina. Indipendentemente da chi elaborerà i dati, non esistono due pazienti uguali e ciascuno avrà bisogno di una relazione e di una terapia differente".
Aspetti etici: di chi è la responsabilità delle scelte basate su big data e algoritmi?
"Più che etiche, le implicazioni prevalenti che intravedo sono di ordine legale, risarcitorio, assicurativo e soprattutto professionale. Per molti anni a venire, il medico vorrà avere l'ultima parola, e ritengo che la società dovrebbe sostenere e tutelare tale scelta. Sarà il medico a verificare nel tempo il livello di affidabilità delle decisioni dell'Intelligenza Artificiale e valutare di volta in volta se fidarsi o meno".