Politica
Alessandro Di Battista destabilizza il governo?
Alessandro Di Battista vuole Salvini a processo.
Alessandro Di Battista è un po’ un oggetto misterioso del M5S.
Ne rappresenta certamente l’anima più contestataria e populista, poco incline alla mediazione, e quindi molto vicina all’origine del Movimento con i suoi “Vaffa Days” e la sua anarchia peronista.
Di Battista, laureato in Lettere alla Sapienza di Roma, un passato di attivista in Guatemala e reduce da un recente soggiorno in America Latina è tornato e vuole fare parte del gioco.
Già portavoce del M5S Lazio, già Deputato nella XVII legislatura, decise nel 2018 di andare via dall’Italia con la compagna e il figlio appena nato un po’ sulle orme del Che, suo mito giovanile mai sconfessato. Famose le sue foto sul letto mentre legge un libro ad imitazione del rivoluzionario cubano (di origine argentina).
E se il Che se ne andava per le strade polverose e dissestate del Sudamerica così ha fatto la famigliola Di Battista.
Non si capisce, in realtà, perché mai se ne sia andato proprio quando il Movimento ha preso il potere.
Il padre Vittorio, un passato nell’ Msi e poi una breve comparsata in Idv, è fascista orgoglioso e spesso esterna eccessivamente mettendo in imbarazzo il Movimento.
E poi c’è il rapporto con Luigi Di Maio, ministro di dicasteri strategici e vice-premier-
Luigi Di Maio è stato sempre il suo alter ego e ha vinto la competizione per la leadership.
Ma Di Battista è ancora un competitore interno per Di Maio se vale la regola del doppio mandato.
Poi c’è Roberto Fico, Presidente della Camera, ex Rifondazione Comunista che rappresenta l’anima pienamente di “sinistra” del Movimento. Pro migranti, non è alieno all’arte democristiana del silenzio quando è in difficoltà, come lo è ora, preso tra due fuochi, quello istituzionale e quello politico.
E con lui alcuni deputati, tra cui si mette Paola Nugnes che critica il governo ogni volta che può.
Certo non ha vita facile a rintuzzare la politica di Salvini, ma si adegua e può intrecciare un asse politico con Di Battista che da quando è tornato non fa altro che attaccare ogni giorno Matteo Salvini sui media.
Il direttore ne ha parlato qui in maniera esaustiva:
“La Lega deve restituire fino all’ultimo centesimo”. “Salvini deve farsi processare rinunciando all’immunità”, “Salvini deve tirare fuori le palle”. Al che il Ministro risponde laconicamente: “parla a vanvera”.
Poi, in politica internazionale, Di Battista assesta un altro calcione a Salvini schierandosi contro il governo con Maduro contro Guaidò nelle note vicende venezuelane. Il fatto non passa inosservato al premier Giuseppe Conte che stigmatizza l’accaduto.
Critica legittima, come cittadino e come esponente politico, sebbene non abbia più alcuna carica istituzionale.
Tuttavia il suo agire mette a repentaglio la tenuta del governo.
Quando la giunta del Senato esaminerà il caso Salvini con la richiesta di rinvio a processo da parte del Tribunale dei Ministri di Catania, il governo sarà a rischio.
Non tanto per la volontà esplicita dei Cinque Stelle e di Di Maio, quanto per possibili imboscate dei dissenzienti del Movimento stesso, come il capitano Gregorio De Falco che non aspettano altro per impallinare il governo.
A quel punto Salvini, riterrà direttamente responsabile i Cinque Stelle di quello che potrebbe accadergli e che avrà inevitabilmente gravi conseguenze politiche, come del resto autorevoli leghisti e lo stesso ministro dell’interno non hanno mancato di far sapere all’alleato.
I ministri Bonafede (Giustizia) e Toninelli (Infrastrutture) hanno invece detto che se si processa Salvini si processa l’intero governo e questa, strada per così dire “collegiale,” pare quella che offre maggiori garanzia di tenuta.
Staremo a vedere.
Dietro l’angolo si prospetta la prova più ardua per l’esecutivo giallo - verde.
Dal canto suo, Luigi Di Maio, mantiene un aplomb ammirevole e cerca do governare l’imbarcazione nel procelloso mare, con coraggio e lealtà al programma sottoscritto, mentre il fondatore scruta forse perplesso l’orizzonte dalla spiaggia.