Politica
Bonaccini, De Micheli, Schlein e Nardella: fioccano autocandidature nel Pd
Al Pd serve "un congresso profondo", un "reset", una "rifondazione", uno "smantellamento": l'analisi
Una ridda di nomi che e' la spia dello smarrimento dei dirigenti dem: "La verita' e' che siamo frastornati dalla sconfitta e non sappiamo quale sara' il percorso da qui al congresso", sottolinea una fonte Pd, "ne' quale sara' l'impronta che Giorgia Meloni vorra' dare alle Camere: lascera' una presidenza all'opposizione o si prendera' tutto?". Una domanda non peregrina, visto che sugli incarichi parlamentari potrebbe aprirsi un precongresso nel Pd. Al centro dell'attenzione ci sono, in particolare, le figure dei due capigruppo di Camera e Senato. Enrico Letta ha detto, in conferenza stampa, di volersi fare garante di una "transizione equilibrata".
Una formula che in molti leggono come la volonta' di lasciare le caselle di Montecitorio e Palazzo Madama a Debora Serracchiani e Simona Malpezzi. L'alternativa sarebbe quella di nominare due nuovi capigruppo scelti in base ai nuovi equilibri che si sono realizzati con le liste elettorali. Ma vorrebbe dire entrare in rotta di collisione con Base Riformista. E in ogni caso, dopo il congresso, i capigruppo vengono sottoposti alla revisione del nuovo segretario. Nicola Zingaretti, per evitare strappi, lascio' quelli scelti da Renzi. Enrico Letta li cambio', facendo pesare la sua personale clausola paritaria e scegliendo due donne. E quello di genere e' un tema che nel Pd pesa e pesera' ancor piu' in questa fase se, come sembra probabile, a Palazzo Chigi andra' una donna.