Politica
Conte fa sempre più l'equilibrista. E ora i problemi arrivano dal M5S...
Tav, autonomie, Russiagate: il mercoledì di fuoco del governo
Giuseppe Conte arriva in Senato per l'informativa sul Russiagate con qualche minuto di ritardo e fa subito una dichiarazione che suona strana e sibillina. "A questo consesso tornerò ove mai dovessero maturare le condizioni di una cessazione anticipata dal mio incarico". Per la prima volta il presidente del Consiglio evoca la parlamentarizzazione in caso di un'eventuale crisi di governo (e magari un'altra maggioranza). Ciò che è andato in scena tra Montecitorio e Palazzo Madama nel giro di neanche due ore fotografa una sorta di capovolgimento dei ruoli all'interno della maggioranza.
Fino a qualche giorno fa era la Lega a minacciare la rottura e la crisi, o sulle autonomie regionali o sulle grandi opere o sulla flat tax. Oggi, invece, i problemi possono arrivare dai mal di pancia dei 5 Stelle. La plateale scena dei banchi praticamente vuoti al Senato mentre parlava Conte è eloquente di una situazione potenzialmente esplosiva. I pentastellati da un lato hanno voluto protestare per l'assenza del ministro dell'Interno e vicepremier Matteo Salvini, ma dall'altra hanno anche lanciato un forte messaggio al capo del governo per quanto aveva appena detto alla Camera e cioè che la Torino-Lione si sarebbe fatta. Se a questo ci aggiungiamo il malumore evidente della sindaca di Torino Chiara Appendino, le dichiarazioni guerrafondaie del M5S piemontese e i musi lunghi di molti senatori e deputati M5S, il quadro è completo.
Ora, non è più dal Carroccio che possono arrivare i potenziali problemi per l'esecutivo (e infatti all'ora di pranzo il leader leghista ha candidamente dichiarato che in due giorni sono arrivati "bei segnali" e che quindi "il governo avanti"), ma dal partito fondato anni fa da Beppe Grillo. L'ex comico genovese non è certo contento per i rospi che i suoi devono ingoiare e sono sempre più numerosi i parlamentari pentastellati - non solo quelli vicini al presidente della Camera Roberto Fico - che si chiedono, come ha fatto su Facebook Roberta Lombardi, se abbia ancora un senso fare da stampella alla Lega. In tutto questo Conte si sta abilmente muovendo come un equilibrista cercando costantemente una via di mezzo tra i due partner della maggioranza. Alla Camera sulla Torino-Lione, di fronte ad un agguerrito Riccardo Molinari (capogruppo leghista che strappa applausi scroscianti dai suoi tirando ceffoni ai 5 Stelle), è costretto a confermare che l'iter dell'opera proseguirà.
Però, sempre nel corso del question time a Montecitorio, sulle autonomie regionali, altro tema caro al Carroccio, afferma che il Parlamento potrà modificare le pre-intese tra l'esecutivo e le Regioni, proprio come chiedevano i 5 Stelle e come non volevano i leghisti. Poi Conte si muove di qualche centinaio di metri e va a Palazzo Madama dove sul cosiddetto Russiagate italiano usa bastone e carota nei confronti del suo vicepremier (assente in Aula): "Savoini era a Mosca al seguito di Salvini. E chiederò rigore sui partecipanti a incontri di governo", scandisce il presidente del Consiglio. Che però precisa anche: "Allo stato attuale non ci sono elementi che possano incrinare la fiducia che nutro in tutti i componenti del governo (compreso lo stesso Salvini)". Maggior cautela, insomma, per il futuro ma nessuna sconfessione del responsabile del Viminale.
A fine giornata i leghisti gongolano, soprattutto per la vittoria sulla Tav (e dietro le quinte pregustano le possibili dimissioni di Danilo Toninelli), mentre i 5 Stelle incassano il colpo consapevoli che il richiamo salviniano 'basta ai no e ai veti' creerà altri problemi, ben presto, come ci sono stati sulla Tav.