Politica

Crisi di governo e Conte bis: alla caccia del non detto dietro gli eventi

Gaetano di Thiène Scatigna Minghetti

Ora che la questione della crisi governativa si è finalmente risolta con il varo del governo Conte-bis, alla guida di una maggioranza giallo-rossa; adesso che tutti gli eventi di turbativa, che hanno scosso la routine ministeriale, si sono definitivamente sedimentati, ecco che sarà profittevole, al termine di una disamina, quanto più possibile onesta e spassionata, scevra di animosità e di rivendicazioni, rispondere ad alcuni interrogativi dirimenti. I quali sono letteralmente insorti, con il reincarico conferito dal capo della Stato a Giuseppe Conte, a corollario dell'intera vicenda concernente le sorprendenti dimissioni del vice premier Matteo Salvini. Interrogativi che, se elusi per una sorta di pigrizia mentale, oppure per un'essenziale slealtà verso se stessi e nei confronti degli interlocutori, si rischia fortemente di farli deragliare dal percorso faticosamente imboccato e di ingarbugliare, ulteriormente, la comprensione di essi e, di conseguenza, di tutto ciò che si è venuto a creare intorno all'intera questione.

Le domande vertono, e non poteva essere diversamente, sull'apertura del vulnus politico-governativo, avvenuto proprio in quei particolari momenti, innervati di esiziali incertezze e di non meno pericolose avventure decisionali, sia a livello di politica interna che nell'ambito dei rapporti internazionali.

In molti si sono pure chiesti ed altrettanti, ancora adesso si chiedono, cosa abbia spinto, ma, in particolare, chi sia stato l'ispiratore del capo della Lega ad arrischiarsi su di un terreno scivolosissimo ed infido che lo avrebbe condotto, così come immancabilmente è avvenuto, alla dèbâcle totale ed all'arretramento repentino nella considerazione degli Italiani, puntualmente certificato dai sondaggi, condotti su campioni di cittadini che, proporzionalmente, testimoniano sullo stato d'animo e sull'opinione degli elettori.

Chi, in questo significativo snodo della vicenda si è assunto l'incarico di vestire i panni dell'Eminenza Grigia? Chi ha sussurrato all'orecchio di Matteo Salvini di far cadere il Governo giallo-verde provocando, di fatto, una crisi che avrebbe ingloriosamente relegato gli esponenti del Carroccio nei bassifondi della cronaca politica attuale?

È notorio che il Cardinale de Richelieu -Armand Jean Duplessis de Richelieu (1585 – 1642), vescovo di Luçon, nei Pirenei, divenuto primo ministro dal 1624, durante il regno di Luigi XIII (1610 – 1643), e, per diciotto anni, l'autentico capo politico e padrone sostanzialmente incontrastato della Francia, avesse come suo prezioso, discreto consigliere, un frate cappuccino, il padre Giuseppe da Parigi (1577 – 1638) -nel secolo François Leclerc du Tremblay- che, dietro le quinte, suggeriva, valutava, interveniva, con la propria intelligenza politica e la sua spregiudicata pratica di mondo, nelle decisioni, anche le più delicate e sensibili, che riguardavano la vita interna ed i rapporti internazionali del Regno di Francia in una Europa sempre turbolenta ed in continuo sommovimento. Tanto è vero che il Richelieu riuscì a portare positivamente a conclusione, in quel torno di tempo, i suoi programmi politici più impegnativi, che vanno dalla repressione delle richieste-capestro degli Ugonotti, alla inesorabile sconfitta delle velleitarie aspirazioni politiche della nobiltà riottosa nei confronti della Corona, alla partecipazione nella guerra dei Trent'anni, onde annullare la preponderanza dell'Impero e favorire l'egemonia della Francia nel continente europeo.

Ora, ci si può legittimamente chiedere -tenuta costantemente presente la lezione impartita da questo frate cappuccino, dalla cui sapienza politica è nata l'espressione di “Eminenza grigia”, con la quale viene universalmente conosciuto-, chi è stato il consigliore -come amava apostrofare la grande giornalista de Il Borghese, Gianna Preda (1921 – 1981), tutta quella gente che dispensa i suoi pareri in modo occulto ed ellittico, chi sia colui che abbia indotto il capo politico del Carroccio, Matteo Salvini, con argomentazioni suadenti, con prospettive allettanti, e lo abbia convinto a far cadere la maggioranza giallo-verde confinando, di fatto, la Lega in un ghetto di cui non si intravede, per adesso, alcuna via di uscita?

Si sussurra, con insistito convincimento, che sia stato un personaggio che, pur rivestendo incarichi istituzionali, non proprio di primo piano, nell'ambito della compagine governativa, avesse invece il ruolo determinante di influencer: silenzioso, riservato, ma tanto ascoltato. Tale il suo “carisma”, da orientare decisioni ed indirizzare percorsi politici di notevolissima cogenza. Anche perchè, si dice, ancora sommessamente, come costui appartenga ad una struttura che presenta delle caratteristiche particolari di organismo chiuso, escludente, con venature -absit iniuria verbis- paramassoniche, che ne determinano una inquietante presenza sia in ambito religioso che sociale. Per dirla tutta, chiaramente e apertis verbis, si tratta dell'Opus Dei.

Infatti, questa persona, in tutta la vicenda politico-istituzionale corrente, ha tenuto un profilo molto basso, una sospetta afasia; non ha espresso opinioni o pareri purchessia, non è intervenuto con commenti di sorta. Si è defilato, estraniandosi corrucciatamente, come se avesse fortemente disapprovato tutta l'operazione condotta dal Carroccio, e, in primis, dal suo responabile politico, imputando così, all'ormai ex vice-premier, tutte le deleterie conseguenze del gesto, sia sul piano politico che a livello governativo-istituzionale.

Il venticello dei rumors, aggiunge pure, che sia stata la chiesa di Bergoglio, per il tramite di questo “emissario” underground, a vendicarsi della esibizione insistita di rosari e crocifissi, durante comizi ed incontri elettorali, risultata inopportuna e giudicata sgradevole e speculatoria dalle gerarchie vaticane.

È credibile tutto ciò? Possiede un fondamento politico accettabile l'arzigogolìo che, come una vena carsica sinuosa, pervadente, percorre menti e intelletti?

Solo il tempo potrà cerziorarlo! Ora, bisogna solo attendere che la situazione si decanti affrontando la realtà così come si conviene e richede la necessità del momento.

Sine ira et studio.

In ogni manifestazione della vita, sebbene spesso non esplicitato chiaramente, esiste sempre un interrogativo che pone ciascuno di fronte ai propri impegni con ineludibilità jugulatoria: è il cui prodest. Ora, nelle diverse sfaccettature di questa vicenda che ha portato la Lega all'opposizione e il partito democratico in maggioranza; partito che il popolo sovrano, il 4 marzo 2018, aveva confinato nell'area dei perdenti, ci si chiede a chi sia andata bene tutta la faccenda, chi ha usufruito dei frutti velenosi di questo caravan serraglio provocato dalla crisi d'agosto.

Soprattutto, in politica, di ogni azione, dialetticamente, si valutano con attenzione, si soppesano le conseguenze e i risultati che da esse possano scaturire. Salvini ha compiuto queste stime? Ne dubito, alla luce dei risultati! Se non le ha fatte, si è dimostrato un pessimo politico, inidoneo a guidare un gruppo partitico quale risulta essere attualmente il Carroccio. Ma, se si è posto il problema, perchè ha condotto in un vicolo cieco il popolo degli aficionados che, in ogni recente tornata elettorale, gli ha conferito un consenso quasi plebiscitario?

Per tanto, ci ci può legittimanete chiedere cosa ci sia sotto, quanto di non esplicitato; quale sia il non-detto in questa vicenda che ha assunto la fisionomia spettrale della beffa, tanto più amara quanto più strana nella sua essenza. Soprattutto, ci si interroga su chi sia stato incaricato d'indossare le vesti del consigliere fraudolento e per conto di quale ascosa entità. Si avrà mai una credibile risposta? Si attende! Sia pure con estrema sfiducia.