Politica
Crisi di governo: Conte ter o elezioni. Basta manfrine
Di Massimo Falcioni
Nella peggior stagione dell’Italia dal dopoguerra ad oggi, il premier e i partiti che lo sostengono cercano una via d’uscita alla crisi di governo, segnale di un più profonda crisi politica e istituzionale. Si insiste nella conta e riconta nei meandri parlamentari per salvare l’esecutivo e per salvare la legislatura nella peggior logica del mercato della politica e del trasformismo italiano. In queste ore, sostituendo la politica con l’aritmetica, si cercano frattaglie parlamentar
Addirittura, con i “costruttori” al palo perché non ci sono per tutti poltrone in prima fila, al marasma si può aggiungere la farsa e ovviamente la beffa per i cittadini pensando alla ricostruzione di una maggioranza fra Pd-M5S-Iv: cioè la riproposizione del gioco delle tre carte. Non è così che si può gestire l’arma anti-Covid, il piano straordinario di vaccinazione, l’unico in grado di non far debordare la pandemia in “tragedia biblica”. Non è così che si può prendere l’ultimo treno anti-crisi, in arrivo con i fondi messi a disposizione dall’ Unione europea, a rischio deragliamento mancando un piano strategico di dove si vuole andare e quali gli strumenti operativi per realizzarlo. Sulla capacità di gestire bene questi due piani straordinari si giocano i destini immediati e futuri degli italiani e dell’Italia. Per lo stesso Conte, l’obiettivo non può essere quello di raccattare quella manciata di voti di margine al Senato per rimanere a Palazzo Chigi e salvare la legislatura, che nel senso degli italiani disillusi vuol dire salvare lacadregadei soliti noti.
Serve un bagno di umiltà anche da parte di Conte, mettendoci la faccia senza la copertura di maschere, per chiedere scusa agli italiani sui limiti, i ritardi, gli errori di questi mesi. Serve soprattutto che Conte si rivolga agli italiani con un nuovo “progetto politico” - vero e proprio Patto di legislatura – sul “che fare” subito per non farsi travolgere dalla pandemia e dallo tsunami della crisi economica e su dove (e come) voler portare l’Italia, locomotiva solida dell’Europa e non più traballante vagoncino di coda. L’Italia, l’Europa, il mondo non sono in guerra anche se le conseguenze della pandemia possono essere altrettanto pesanti. In questa situazione, che non sarà superata d’incanto nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, pensare di chiamare gli italiani alle urne in primavera non è un delitto e tanto meno un atto anti costituzionale ma può essere un errore politico, specie per chi le invoca e anche per chi insiste a dire che non teme le elezioni proprio perché sa bene come finiranno. Insomma, le elezioni anticipate non sono il “male assoluto” da evitare comunque e con qualsiasi mezzo, quindi anche con un nuovo governo raccogliticcio, di scappati di casa.
Di certo, una campagna elettorale, a tutto può servire oggi meno che ad affrontare e risolvere i gravi problemi che gravano sul Paese. Allora? Conte non solo resta l’unico punto di equilibrio della maggioranza giallorossa, senza il quale il rapporto “anti destra” e di “convenienza” fra M5S e Pd si sfarinerebbe, ma resta una risorsa politicasenza la quale oggi il Paese potrebbe infilarsi in un labirinto e finire nel tunnel. In quello stesso labirinto in cui Conte stesso rischia però di perdersi se non cambia passo e direzione e se continua a rivolgersi come sensaleai parlamentari in cerca di riconferma e non direttamente come leader e premier agli italiani in cerca di un timoniere. Il tempo stringe. Puntellare la maggioranza dopo lo strappo renziano riagganciando Italia Viva al treno da cui è appena scesa o far salire su quel treno i “volenterosi”? Puntare a un governo di unità nazionale? La fantasia corre libera ma poi la politica, arte del possibile, deve fare i conti con la realtà. Uscire dallo stallo si può e si deve: non con un semplice rimescolamento delle carte, ma con un nuovo esecutivo con lo stesso premier. Tradotto significa Conte ter. O elezioni. Basta manfrine.