Politica
Crisi di governo: i due colpi in canna di Conte
Anche riferito a Conte e alla sua possibilità di avere la prossima settimana in parlamento i numeri per varare il suo terzo governo vale sempre il detto: “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. In questo caso, dato il timore di molti parlamentari di perdere lo scranno, può valere ancor di più l’aforisma di Giulio Andreotti di 20 anni fa: “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”, cioè votare comunqueil Conte ter evitando la fine anticipata della legislatura. Dopo il passaggio di lunedì alla Camera, martedì al Senato c’è, dunque, il voto decisivo sulla fiducia in cerca del fatidico numero 161 per la maggioranza assoluta, politicamente “indispensabile”, in mancanza della quale Conte non potrà che alzare bandiera bianca. In quel caso, lo sbocco, non escludendo qualche tentativo pergovernicchi pro tempore,diventa quello delle urne fra maggio e giugno.
Adesso, più irresponsabile di Matteo Renzi che ha provocato la crisi di governo (per “interessi personali” come pensa il 73% degli italiani, “per interessi di partito” pensa il 44%) può esserci solo chi punta comunque sulle elezioni anticipate giocando ai dadi con la pelle del Paese, da mesi nel tunnel della peggior emergenza dal dopoguerra. Elezioni rifiutate dagli italiani (sette su dieci non vogliono il voto anticipato – Euromedia Research) e che produrrebbero comunque un cataclisma politico, almeno stando all’ ultima rilevazione di NotoSondaggi per la Nazione-Resto del Carlino-Il Giorno, con una eventuale Lista Conte spinta dall’operazione responsabili/costruttori al 12%, il crollo del Partito democratico al 13%, i 5Stelle al 13%, con l’area di governo che salirebbe di 5 punti (dal 35,5 al 40,5%) proprio grazie alla nuova lista del premier ma con il Centrodestra comunque maggioranza nonostante una discesa dal 52,5 al 50,5% . Dopo la crisi, il partito di Renzi è sceso al 2,4%. Così il senatore di Rignano, posseduto dall’ossessione della rivincita e dal demone del protagonismo, paga subito il primo conto.
Basta chiacchiere. Basta giochi di palazzo. Serve un progetto politico e un governo autorevole, espressione non di una maggioranza purchessia, in grado di arginare il Coronavirus (l’Iss: “Si rischia una pandemia incontrollabile”) e di metter mano a un piano di ricostruzione economica, sociale e morale del Paese ben sapendo che gli italiani saranno chiamati anche nelle prossime settimane e nei prossimi mesi a sostenere sacrifici durissimi.
Visto il profilo e l’iter politico dei “responsabili”, tutt’altro che esaltanti data la propensione al ruolo di poltronari e di voltagabbana, rimane assai difficile pensare che sia questa la pattuglia dei “costruttori” in grado, al di là di conseguire il traguardo di “quota 161”, di dare la svolta per un governo adeguato alla bisogna e consentire a Conte, tutt’ora con indici di gradimento molto alti anche con i limiti dimostrati in questi mesi nel metodo e nel merito delle scelte, di porre le basi per un futuro che deve partire da oggi. La prima pietra, cioè, di quell’inedito “progetto politico” teso a federare un nuovo centrosinistra senza padri nobili nè steccati, che chiuda definitivamente con le proprie matrici ideologiche e con il passato anche recente, puntando a una visione europeista, liberale, rivolta al progresso, al lavoro, all’iniziativa, al sociale, all’ambiente e ai principi e alle regole fissati nel Recovery fund.
Insomma, il tentativo di una nuova alba del riformismo del XXI secolo. Illusione? Si vedrà. E’ un fatto che il premier ha oggi due carte da giocare. La prima: trovare in Aula i numeri per il suo nuovo governo. La seconda, ob torto collo, accettare la sfida delle urne con una propria lista inedita, a quel punto, senza zavorre e senza “impresentabili”. Due carte, quelle di Conte, che sono di fatto due colpi in canna. Comunque vada, Conte resta politicamente in un “ventre di vacca”. Il Paese vuole uscire dal tunnel ma senza derive avventuristiche che lo porterebbero fuori strada, definitivamente nel fosso.