Politica
Draghi si è giocato la guida della Nato. La linea pacifista delude Biden
Draghi si allontana dalla poltrona di segretario generale della Nato dopo il viaggio a Washington
Draghi e la Nato più lontani dopo il viaggio negli Usa. Ecco perché
“Gli europei chiedono pace, bisogna usare ogni canale”. La frase pronunciata da Mario Draghi davanti al caminetto dello studio ovale della Casa Bianca non era proprio quella che Joe Biden avrebbe voluto sentire dal possibile, ipotetico (almeno prima del viaggio a Washington), segretario generale della Nato. Se c'è una conseguenza della visita negli Stati Uniti del presidente del Consiglio è che le probabilità che Draghi diventi il successore di Jens Stoltenberg sono precipitate, un po' come quelle che l'Inter di vincere lo scudetto dopo la clamorosa sconfitta a Bologna. D'altronde la risposta dell'Amministrazione americana alle parole del premier italiano è stata secca e immediata.
"Continuiamo ad essere aperti ad una soluzione diplomatica in Ucraina ma non vediamo nessun segnale da parte della Russia che voglia impegnarsi in questo percorso". Così la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, rispondendo ad una domanda sugli sforzi di pace rilanciati da Draghi, ha gelato ogni speranza di riaprire il dialogo con il Cremlino. Non solo, i segnali che arrivano dall'intelligence Usa sono netti e non vanno verso la direzione della fine del conflitto. "Il presidente russo Vladimir Putin si sta preparando per una lunga guerra in Ucraina e anche la vittoria nell'Est del Paese potrebbe non fermare la guerra", ha avvertito l'intelligence statunitense. Avril Haines, il direttore dell'intelligence nazionale Usa, ha detto in un'audizione a una commissione del Senato che Putin intende ancora "raggiungere obiettivi oltre il Donbass", ma che "affronta una discrepanza tra le sue ambizioni e le attuali capacità militari convenzionali della Russia".
Biden - spiegano fonti della maggioranza - sperava di trovare nel presidente del Consiglio, al di là delle solite dichiarazioni di facciata e di circostanza - un solido alleato, tanto sul fronte dell'invio di armi a Kiev tanto sullo stop al petrolio e successivamente anche al gas russo. Peccato che la maggioranza che sostiene il governo a Roma, su spinta dell'azione politica di Giuseppe Conte e del Movimento 5 Stelle e alla luce dei sondaggi che mostrano come gli italiani siano sempre più critici sull'escalation verbale e militare e vogliano il dialogo con Mosca, abbia imposto un cambiamento di rotta, almeno nei toni (ma la forma è anche sostanza), che non è stata così gradita a Washington.
Gli Stati Uniti sanno perfettamente che l'Unione europea, vedi Macron, ha una posizione diversa dal Regno Unito di Johnson, ma sperava di avere nell'Italia un alleato "senza se e senza ma". Quel sottolineare davanti alle telecamere di tutto il mondo che "bisogna usare ogni canale" per arrivare alla pace e alla fine della guerra rischia di costare a Draghi la poltrona di numero uno dell'Alleanza atlantica, che gli Usa vogliono assolutamente allineata. A partire dal conflitto in Ucraina. Ma il premier non poteva certo rischiare una crisi di governo con Conte che ha contestato apertamente la scelta di non parlare alle Camere, Salvini che chiede lo stop all'invio di armamenti e perfino Letta che ha cambiato registro. A confermare la linea pacifista del premier anche le parole durante la conferenza stampa finale del viaggio con quell'appello affinché tutti si sforzino per la pace, Usa inclusi.
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