Politica
Elezioni del 25 settembre: gli astensionisti possono decidere l'esito del voto

L'affluenza salirà rispetto alle ultime consultazioni, ma resta un 40% di indecisi: ecco come conquistarli
E' fondamentale chiarire i rapporti interni alle coalizioni
Rispondere puntualmente alle esigenze dell’elettorato è la chiave per conquistare i voti degli incerti, ma l’operazione non è affatto semplice, come spiega Giovanni Diamanti, co-fondatore di Quorum/YouTrend: “Quando a non votare è circa la metà degli italiani, non si può nemmeno parlare di un partito degli astensionisti, perché in quel mare magnum c’è davvero di tutto”. Protagonista di molte campagne elettorali, fino a quella che ha sancito il trionfo di Damiano Tommasi a Verona, Diamanti fornisce alcuni consigli molto interessanti: “Per invertire la tendenza, si deve fare l’opposto di quanto fatto in passato, quando una politica sempre più ideologica, aggressiva e distante dai bisogni quotidiani dei cittadini ha scavato un solco di sfiducia. Certamente, un argine all’astensionismo è stato rappresentato dal Movimento Cinque Stelle, che però oggi è in grossa difficoltà. Si può quindi pensare di conquistare dei voti in quell’area, anche facendo propri dei temi-bandiera. Il reddito di cittadinanza, ad esempio, ha funzionato sul piano elettorale sia perché era una proposta concreta sulla quotidianità, sia perché dava un’idea chiara dell’agenda delle priorità che ci si poneva per il Paese”.
Anche Baldassarri invita a puntare sui voti persi dal M5S: “Nei sondaggi il partito di Giuseppe Conte è quotato intorno al 10%, il che significa che si possono conquistare circa il 20% dei consensi che ottenne nel 2018. Bisogna capire se questi elettori sceglieranno un altro partito o se non si recheranno alle urne. Dipenderà anche dalle alleanze. Se guardiamo per esempio al centrosinistra, non è che detto che i voti di Pd e Italia Viva si possono sommare, perché la rottura tra i Dem e Renzi è stata traumatica e alcuni elettori potrebbero non gradire il riavvicinamento. Lo stesso vale per la leadership del centrodestra: è pur vero che si può pensare di indicare come Premier chi prenderà più voti, ma annunciarlo prima permetterebbe all’elettorato di scegliere in modo più consapevole. Sarebbe un passaggio fondamentale”.
Pessato sottolinea come la brevità di una campagna elettorale che, oltretutto, si intreccia con le ferie potrebbe non permettere grossi cambiamenti di scenario, mentre Baldassarri vede un quadro più fluido: “Non dimentichiamoci che, per via della tempistica della crisi, c’è ancora un 16% degli italiani che non è adeguatamente informato. Da qui al 25 al settembre la situazione cambierà, circa il 60% degli elettori andrà a votare: il problema è capire chi voterà”.
Ai partiti, quindi, spetta il compito di convincere quanti più indecisi possibili. Se non vi riusciranno, “le quote delle coalizioni rimarranno le stesse, ma al loro interno si aprirà una lotta fratricida nella quali ogni partito cercherà di fagocitare il voto degli alleati. Gli elettorati non sono omogenei, per questo non sempre i voti delle coalizioni rappresentano la somma di quelli dei partiti”. Sempre secondo Baldassarri, tra chi non va più a votare si possono distinguere due sottogruppi: “La metà sono persone che non votano per convinzione e non sono recuperabili, mentre l’altra metà oscilla tra l’astensione e il voto”. Pertanto, c’è almeno un 20% di quei voti che possono essere contendibili tra le forze politiche che partecipano a questa partita. Che è ancora tutta da giocare, per quanto le forze in campo siano già state chiaramente fotografate.