Politica

Elezioni. Il piano B di Pd e 5 Stelle. Battere Salvini, liberarsi di Renzi

Alberto Maggi

Decisive le prossime Regionali, il rapporto con l'Ue, Macron...

"E' evidente che abbiamo tutto l'interesse a mandare avanti il governo, lo abbiamo fatto nascere, ci sarà qualche voto in più, non qualche voto in meno". Matteo Renzi ha ribadito ancora una volta, ma non ce n'era bisogno, che il suo nuovo partito - Italia Viva - non metterà a rischio l'esecutivo guidato da Giuseppe Conte. E non poteva essere altrimenti. Dopo aver diviso per l'ennesima volta la sinistra, i sondaggi sono abbastanza impietosi e danno la nuova formazione dell'ex presidente del Consiglio intorno al 3,5%. E' chiaro quindi, come ha ben spiegato lo stesso Renzi, che non c'è alcun interesse a mettere a rischio l'esecutivo. E - assicurano sia dal M5S sia dal Pd - non sarà il caso degli arresti domiciliari negati con il voto della Camera al deputato di Forza Italia Diego Sozzani a far tremare il governo. Eppure la strada verso il 2023, il termine naturale della legislatura, è lunga e tortuosa.

Il ragionamento che viene fatto tra i parlamentari dem è che ovviamente per ora l'esecutivo, appena nato, va avanti, soprattutto in vista dell'importantissima Legge di Bilancio, ma quando ci saranno le condizioni per poter sfidare e sconfiggere i sovranisti (Salvini e Meloni) nelle urne si potrebbe anche far terminare in anticipo la legislatura e tornare a dare la parola agli italiani. In questo senso le elezioni regionali in Umbria del 27 ottobre, quelle in Emilia Romagna in inverno e successivamente tutte le altre del 2020 saranno il test chiave per capire come gli italiani valutano l'alleanza anche elettorale tra pentastellati e dem.

Se arrivassero risultati importanti, con la vittoria in diverse Regioni (magari non in Veneto già data per persa un'altra volta) da Nord a Sud, potrebbero maturare le condizioni per interrompere la legislatura e tornare al voto. Una sorta di piano B, che va studiato, osservato, compreso, per 'vendicarsi' della scissione di Renzi. Pd (con il ritorno di D'Alema e Bersani), quello che resta di LeU e 5 Stelle potrebbero andare alle elezioni insieme con l'obiettivo di governare senza la preoccupazione delle mosse spesso imprevedibili dell'ex premier e attuale leader di Italia Viva.

A quel punto Conte potrebbe essere il candidato premier pentastellato e Zingaretti quello dem. Poi sarebbero gli elettori a stabilire il futuro inquilino di Palazzo Chigi in base a quale dei due partiti otterrebbe più consensi. Non a caso anche sulla riforma elettorale che dovrebbe introdurre il proporzionale pure Pd e M5S hanno frenato, proprio per capire come andranno le Regionali (non solo l'Umbria del 27 ottobre). Il piano è quello di battere Salvini e le destre nelle urne e rendere ininfluente Renzi. La ritrovata sintonia con l'Unione europea, che ha portato Gentiloni ad avere un ruolo chiave a Bruxelles, è fondamentale per questo progetto. Così come lo è l'asse con Macron e la Francia sul fronte migranti, sbarchi e Libia.

Se il governo fosse in grado di ridurre la pressione fiscale sul lavoro, evitare l'aumento dell'Iva e convincere i principali Paesi europei (tranne quelli amici della Lega come l'Ungheria) a prendersi una quota di migranti sarebbe più semplice per l'attuale maggioranza di governo fare da argine ai sovranisti. Prima i risultati, economici e non solo (grazie anche all'Europa), poi le Regionali e infine - se ci saranno le condizioni - potrà scattare il piano B per battere Salvini alle elezioni liberandosi dell'ingombrante senatore di Scandicci.