Politica
Elezioni Torino, Carola Messina: "Damilano? Privo di idee, contenitore vuoto"
Urca, ma vuoi vedere che, alla fine, Carola Messina non è così contraria a un dialogo con i Cinquestelle? Magari al ballottaggio, inevitabile come le tasse a sentire molti nel capoluogo piemontese, si potrebbe realizzare quella convergenza che turba i sonni di una larga parte del Pd torinese.
“Io non rappresento un partito e quindi non entro nel merito delle dinamiche di relazione fra forze politiche” mette subito le mani avanti Messina. “Io sono espressione di un pezzo di società civile e lascio ad altri esprimersi su questo. Se devo dare un parere, del tutto personale, credo che non si debba aprire o chiudere in astratto, ma basarsi solo sulle eventuali convergenze che possono esserci sulle risposte ai problemi della città, quindi programmatiche”.
Che siano le rispettabili terga di Lo Russo o Damilano (spero che la Sganga non si offenda, ma proprio non ce la faccio a inserire le sue tra i favoriti) a sedersi sulla poltrona di sindaco di Torino, sicuramente nessuno potrà ignorare la pesante eredità del debito accumulato da questa città.
“Per fortuna non sarò io l’assessora al bilancio” dice ridendo l’aspirante vicesindaca. “Da imprenditrice però dico che il debito è uno strumento che va usato e gestito. La situazione è critica da tanti anni, ma ora è davvero giunto il momento di trovare un modo per migliorare la condizione di vita dei cittadini, soprattutto perché questo sarà il momento in cui arriveranno molti fondi. Sarà fondamentale capire come verranno gestiti. Per la mia esperienza imprenditoriale posso dire che un conto è usare le risorse per investimenti veri sul futuro, strutturali, un conto è usarli per tamponare l’immediato. Credo che l’unica cosa importante sia che la gestione economica della città miri a eliminare le disuguaglianze sociali”.
Intanto, nelle ultime settimane si sono riaccese le tensioni tra Margherita Agnelli e la famiglia che si stanno portando appresso un intricato rivolo di manovre legali per rimettere in discussione gli assetti della cassaforte di famiglia “Dicembre”, di cui è a capo John Philip Jacob Elkann, presidente di Exor, Stellantis e Ferrari, che sovrintende un patrimonio di svariate decine di miliardi. Considerato che da cinquant’anni a questa parte, metà della città, non solo di sinistra, si augura che gli Agnelli se ne vadano come i Savoia, ora che lo stanno facendo davvero, mettendo anche in vendita la palazzina Fiat dello storico complesso del Lingotto di Torino che ospitava gli uffici di Gianni Agnelli e Sergio Marchionne, come la mettiamo?
“Non credo che il punto sia cosa fanno gli Agnelli” ribatte Carola Messina alla francamente me ne infischio. “Questa città possiede capacità e competenze rilevanti. Un know-how incredibile in ambito manifatturiero e nell’automotive che non può essere sottovalutato, ma anzi deve tornare a essere una leva di crescita della città. Allora mi auguro che molte aziende italiane e straniere investano a Torino su progetti innovativi, sfruttando queste competenze e che la città e la sua amministrazione creino le condizioni ideali per farlo”.
Infine, per quanto mi sia ripromesso di non farlo, non resisto alla tentazione e le faccio la domanda delle cento pistole. Lo Russo è davvero così antipatico? Qualcuno sostiene che batta addirittura Fassino. “Battere Fassino è difficile” conclude divertita. “A parte le battute, credo che un sindaco non si valuti in base alla simpatia, ma alla competenza e alla capacità di avere una visione della città e di fare squadra. Certamente l’ascolto dei cittadini, la capacità di empatizzare con le persone, di far sentire di essere presente e disponibile sono cose molto importanti e penso che Stefano stia andando in quella direzione. E comunque no, non lo è, basta conoscerlo un po’”. Se lo dice lei, un po’ mi fido.
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