Politica

Gestione dei migranti, una tragicommedia imbarazzante

L'opinione di Vincenzo Olita *

Gli unici che interpretano una vera parte spesso, al calar del sipario, con tragico finale, sono adulti e bambini senza colpa

Anche gli accordi stipulati dall’Ue con i Paesi membri e le innumerevoli risoluzioni non hanno prodotto sostanziali effetti. Per gli europeisti è lontano il “Pacta sunt servanda” principio del diritto internazionale che contempla di onorare gli impegni contratti.

Fondamentalmente non vi è volontà di chiarezza sui reali intendimenti sia del novismo progressista che dei suoi detrattori. La contrapposizione si consuma sugli sbarchi, i salvataggi, le tragedie e la conflittualità tra europeisti, non si palesano credibili visioni sul futuro, su orientamenti e strategie, senza sottintesi, sulla disciplina degli ingressi.

Gli aperturisti si limitano a specificare che siamo in presenza di un fenomeno strutturale, quindi, per definizione, senza limite di durata e intensità, non vi sono immagini di scenari futuri, guidati solo da una gnosi per l’accoglienza e per la fiducia verso l’Unione europea in quanto dominus della soluzione.

I fautori di una visione non deterministica, confusi, brancolano nel buio, incapaci di dare una qualche forma al loro mondo futuro; capaci di ipotizzare soluzioni del tutto inefficaci, schiacciati da un presunto umanismo degli aperturisti domestici e da una filiera internazionale (da Soros, finanziatore di imbarcazioni Ong nel canale di Sicilia, alle Agenzie ONU, dalla Chiesa di Bergoglio, alla Grande Narrazione di Davos e alla tecnostruttura di Bruxelles).

Gravati da un accorto gesuitismo, che in nome dell’accoglienza è disposto a relegare migliaia di vite in un veloce storico oblio, ambedue gli schieramenti sfuggono a determinazioni che potrebbero concretizzare le proprie convinzioni e contenere l’ecatombe mediterranea. Invece, il fenomeno sembra essere condannato ad una sorta di coazione a ripetere ad un indefinito e incessante status quo.

Se gli aperturisti sono per l’accoglienza perché pagare tributi alla morte?

Potrebbero prevedere traghetti settimanali da Porto Said, Tobruk, Sfax risparmiando, oltretutto, su uno spropositato apparato di contrasto che ha solo funzione di rimorchiatore. Se l’accoglienza è un valore universale, perché assistere impotenti ad una selezione fatta dal mare? Forse l’inconscio elabora: “Accogliere sì, ma non tutti”.

Altrimenti come spiegare, ad esempio, che in Gran Bretagna nello Yorkshire nella cittadina di Dewsbury non ci sono più cittadini bianchi britannici? (Nel 2011, su 4033 abitanti vi erano solo 48 persone bianche). E Birmingham, la seconda città inglese, ha il 34% di abitanti di religione cristiana e il 30% di islamici? Come spiegare le enclave islamiche londinesi di Stoke Newington e Bethnal Green? 

Come spiegare che Molenbeek zona a ridosso del centro di Bruxelles, 30% di popolazione musulmana, è un attivo polo del fondamentalismo? Come spiegare la scomparsa di francesi bianchi nelle zone del 10° arrondissement di Parigi che insistono verso la gare du Nord o la palpabile insicurezza verso la Chapelle nel 19° o nelle banlieue di Saint Denis e Sevran? Come spiegare che il semicentrale quartiere Vasto a Napoli è completamente governato da extracomunitari, con i loro mille commerci, anche per conto del crimine organizzato partenopeo?