Giorgio Galli: Savona l'indesiderato come Varoufakis e Riccardo Lombardi
Governo M5S-Lega, l'intervista al politologo Giorgio Galli
L'inedito governo giallo-verde, scaturito dal voto del 4 marzo, che ha evidenziato il mal funzionamento del sistema politico, "non è certo la soluzione migliore alla crisi economico-sociale del Paese: o il nuovo governo non farà nulla, galleggerà, scontentando i suoi elettori o se assumerà decisioni di spessore, inevitabilmente, si scontrerà con l'Europa: e già si registrano reazioni preventive".
E' l'opinione del 90enne politologo e storico, a lungo docente di Storia delle Dottrine Politiche alla Statale di Milano, Giorgio Galli che ci tiene a sottolineare un dato: "la democrazia non corre rischi, il Paese ha solidissimi anticorpi. Semmai i riflettori andrebbero puntati sul cattivo funzionamento del sistema politico, conosciuto fin qui. Nè si può cavarsela con il popolo ha sbagliato, e pertanto come a suo tempo disse Bertold Brecht: bisogna nominarne un altro. Il verdetto popolare va rispettato".
Eppure si ode: arrivano i barbari, ecco i plebei? Non è questo il linguaggio giusto, corretto.
"Questa che stiamo vivendo è una fase d'incertezza che merita analisi approfondite e la dovuta attenzione", replica il politologo poco incline a giudizi sommari.
"Quel che sta accadendo mi fa tornare in mente quel che successe qualche anno fa in Grecia: Yanis Varoufakis per le sue posizioni cosiddette euroscettiche dovette abbandonare il governo di Alex Tsipras: mi pare che, se non proprio lo stesso, stia accadendo per Paolo Savona".
Anzi, aggiunge Galli, "cinquantacinque anni fa, nel 1963, Riccardo Lombardi, protagonista di una accesa polemica con il governatore della Banca d'Italia, Guido Carli, rifiutò di entrare, come Ministro dell'Economia, nel primo centro-sinistra organico Moro-Nenni, perchè quel governo non aveva la carica 'riformatrice' del precedente: quello del 1962 guidato da Fanfani con l'astensione del Psi".
Fu il governo - per Lombardi, "l'unico vero centro-sinistra esistito" e "s'il etait a reprendre, je le reprendrai" - che fece le riforme di struttura quelle che incidono sul cambiamento delle condizioni di vita della 'povera gente': la nazionalizzazione dell'energia elettrica che passò da un assetto privatistico a una struttura pubblica (l'Enel); la scuola media unica, dell'obbligo; l'abolizione della mezzadria; e che gettò le basi per l'avvio dello Statuto dei diritti dei Lavoratori.
Ma la sua azione fortemente "riformatrice" e non semplicemente "riformista" si incagliò sulla trasparenza bancaria, sull'abolizione del segreto bancario e sulla riforma urbanistica, concepita per scongiurare quella che sarebbe divenuta la rendita fondiaria.
Lo scontro di Varoufakis di qualche anno fa e quello di Lombardi di cinquantacinque anni fa, furono, dunque, con i poteri forti.
"Oggi sono le 500 multinazionali con i loro top manager superpagati che governano il mondoi: bisognerebbe arrivare a eleggere con il voto popolare i componenti dei CdA delle multinazionali", sottolinea Galli, che, in questa fase d'incertezza, ravvede la possibilità di ricostruire la sinistra "la cui ragion d'essere - chiosa - è la critica al capitalismo, abbandonata, dopo il crollo del Muro di Berlino, ma ripresa oggi da Jeremy Corbyn e Bernie Sanders".
Questa la piattaforma di base da sostanziare con idee orginali, come la distinzione tra 'bisogni' e 'esigenze', mai fatta dalla sinistra, per uscire dal "flagello del neoliberismo" e avviare contestualmente 'la ricerca di una nuova socialità', come suggerisce l'economista Andrea ventura nel suo recente saggio: 'Il flagello del neoliberismo - Alla ricerca di una nuova socialità' (L'asino d'oro edizioni).
Insomma, nessuna "attesa che tutto fallisca", magari sgranocchiolando sull'Aventino pop corn.
E soprattutto "nessuna rassegnazione - conclude Galli - Sono ottimista sul futuro: non vedo derive autoritarie, il Paese ha vissuto momenti peggiori e ben più gravi nel passato dell'attuale e ne è uscito: ha solidissimi anticorpi. A noi, alla sinistra che ancora c'è pur se in declino, il compito-dovere di proseguire a fare ricerca per rimetterne in piedi un'altra e, come i clerici vagantes, portare ovunque le nostre idee di cambiamento, per la speranza in un mondo migliore".