Di Massimo Falcioni
Come in guerra e come in ogni catastrofe c’è chi – partiti e media in primis- strumentalizza la situazione per fini di parte, anche sul Coronavirus e sul rischio della seconda ondata imperversa la logica del “tutti contro tutti” in un polverone che disorienta e spaventa i cittadini e non fa ripartire il Paese. Intendiamoci, nessuno può chiedere uno stato di emergenza per imporre scelte e soluzioni fuori dall’iter costituzionale e istituzionale democratico. Oggi serve coesione sociale e rilancio economico. Da sei mesi il Covid-19, nella sua curva di “salita-picco-discesa-possibile risalita” tiene tutti nella morsa, con danni sociali ed economici enormi. Vale sempre il detto “aiutati che il ciel t’aiuta”. In questo caso lo stesso vertice UE di queste ore è un muro contro muro fra Paesi nordisti e sudistisul Recovery fund. Finirà con un compromesso al ribasso, con un asse Italia-Francia-Spagna per cercare di salvare i 750 miliardi di aiuti. La UE non è il nostro bancomat. Ma l’Italia non è ospitedella UE. Il rialzarsi, la ripartenza, complicate e dolorose, avvengono solo contando sulle nostre gambe, sul nostro coraggio, sulla nostra volontà, come dopo una frattura. E con tanta fantasia e ottimismo, certi di farcela anche stavolta. E, almeno stavolta, questa classe politica, si dimostri all’altezza del compito o se ne vada prima di essere cacciata dal voto o dalla piazza. A febbraio il premier Conte annunciava una sua “cura da cavallo” per: “Far uscire l’Italia dalla situazione di emergenza in cui versa l’economia”. Poi è arrivato il Covid-19. Invece di prendere atto dello tsunami imprimendo la svolta politica adeguata, la maggioranza di governo ha tirato avanti su un equilibrio statico, vivendo alla giornata, fra rinvii e contrapposizioni paralizzanti: non certo un bell’esempio per gli italiani già sotto l’incubo della pandemia. L’opposizione si è messa di traverso, poco più. La capacità di incassatore del premier, le sue qualità di mediazione e di imboccare dopo ogni scivolata una via d’uscita senza sbattere nel muro, hanno fin qui evitato il peggio. Al di là di una dinamica nuova da imprimere all’azione dell’esecutivo, la mediazione tappabuchinon basta più: servono la sintesi politica, il progettoe un programma di riforme economiche e sociali svincolati dalle beghe e dagli interessi dei singoli partiti. Persino la regina d’Inghilterra può darci lezioni ed essere di esempio con quel suo appello sobrio e convincente nella fase acuta del Covid-19: adesso come allora sotto le bombe naziste del 1940 “vinceremo noi”. Questa la sostanza di un discorso senza nessuna regalità posticcia mentre sulla tv scorrevano le immagini dei medici e degli infermieri impegnati negli ospedali a curare i malati, della gente che li applaudiva e si dava da fare come poteva, come in guerra. Funzionava e funziona la “regina” punto di riferimento perché, almeno in quel caso, le parole non sono fuffae vengono ascoltate: il personaggio è autorevolee credibile. Nessun ritorno indietro, per carità: l’Italia, in materia di re e regine, ha già dato. Non ci servono coronema politica e politici con l’autorevolezza e la credibilità date dai fatti e riconosciuti da tutti. Ora non c’è da stare seduti, in attesa di un’eventuale seconda ondata del virus. L’Italia va messa in sicurezza, anche rispetto alla pandemia. Va data fiducia e ogni aiuto a chi ha tirato su la serranda per ripartire spazzando via burocratismi e menagrami. Va fatto tesoro dell’esperienza di questi mesi con la prevenzione e l’ organizzazione. Al bando allarmismi e scenari catastrofici anche se dovesse esserci la necessità di prolungare lo stato d’emergenza che non vuol dire l’addio alle libertà e mettere la mordicchia agli italiani. Tanto meno vuol dire non prendersi cura di chi sta peggio economicamente e di salute, dei vecchi, magari pensando a una società riservatasolo a chi produce e a chi è efficiente. Restare ai fatti, senza strappi di nessun tipo. Il virus resta ancora tra noi e alcuni segnali per il dopo non sono positivi. Il mare resta agitato e non si esclude il ritorno della tempesta. Il barcone Italia barcolla. Non si può cambiare il nocchiere. Non adesso.