Politica

Governo M5S, cosa accade ora? Meglio i diktat leghisti delle urne

Alberto Maggi

Le tensioni sulla lettera all'Ue non riaccenderanno le polemiche

Atteggiamento 'low profile'. E' il messaggio che arriva dai 5 Stelle all'indomani della votazione online sulla piattaforma Rousseau che ha confermato con l'80% Luigi Di Maio capo politico. Poca voglia di parlare da parte dei big pentastellati che sul tema chiave della flat tax, rilanciata con forza dal leader della Lega Matteo Salvini, hanno fatto uscire - attraverso lo strumento delle fonti - il via libera alla riforma fiscale anche in deficit. Il senso è chiaro: dopo il risultato delle Europee, il M5S attende le mosse e le proposte della Lega con spirito assolutamente costruttivo e con la volontà di andare avanti a lavorare per il bene del Paese rispettando il contratto di governo.

Le tensioni sulla risposta del governo alla lettera dell'Unione europea (Di Maio: "E' una lettera Lega-Tria, non taglio reddito di cittadinanza e quota 100"), spiegano fonti grilline, non riaccenderanno le polemiche stile pre-elezioni europee. Quella del vicepremier 5 Stelle è stata una precisazione ritenuta doverosa ma - assicurano - non c'è alcuna intenzione di alzare nuovamente i toni dello scontro.

Autonomia regionale, choc fiscale, sblocca-cantieri, Dl Sicurezza bis sono le issue portate avanti ora dal Carroccio e dai 5 Stelle, consapevoli del responso delle urne e del ribaltamento dei numeri rispetto al 4 marzo 2018, fanno sapere che non hanno alcuna intenzione di mettersi di traverso. Al massimo qualche aggiustamento tecnico ma - garantiscono - il via libera in Consiglio dei ministri e in Parlamento ci sarà. D'altro canto, pur mantenendo in questa fase una posizione rigoramente improntata al 'wait and see', i 5 Stelle confermano le loro priorità - dal conflitto di interessi al salario minimo passando per l'acqua pubblica - pur sapendo però che in questa fase a dettare l'agenda è inevitabilmente Salvini.

Nessuna intenzione di tornare alle urne subito dopo l'estate. Anzi, il segnale che arriva dai pentastellati è quello di tornare a lavorare. Ad esempio sulla flat tax, provvedimento che, così come impostato dagli economici della Lega (per le famiglie a 65mila euro con una riduzione della pressione fiscale anche per le aziende) incontra il convinto favore di Di Maio & C. Anche perché, sottolineano dal M5S, l'importante è aiutare il ceto medio e non i ricchi e con 65mila euro lordi all'anno non si è certamente dei Paperoni. Anche sull'autonomia regionale, dopo il pressing dei 5 Stelle del Veneto, arrivano segnali di distensione e quanto affermato ad Affaritaliani.it dal ministro dell'Interno ('ok del Cdm entro il 21 giugno') non spaventa e viene recipito con spirito costruttivo.

Dal M5S, poi, arriva categorico il no a qualsiasi ipotesi di cambio di maggioranza e di sostituzione del Carroccio con il Pd. Un'ipotesi che non esisteva prima del voto - spiegano fonti pentastellate - e che a maggior ragione non esiste oggi che gli italiani si sono espressi in modo chiaro e inequivocabile. Sul fronte interno, si sottolinea il dato della votazione su Rousseau: l'80% a favore di Di Maio con circa 14mila votanti in più rispetto a quando il vicepremier e ministro del Lavoro/Sviluppo Economico è stato nominato capo politico. Una forza che dovrebbe mettere a tacere sia le voci contrarie uscite allo scoperto, dalla solita Nugnes alla neo-oppositrice Ruocco, ma anche figure spesso ingombranti come quella di Alessandro Di Battista.

Di Maio ora punterà sul rinnovamente interno con una svolta nella comunicazione e con un rafforzamento della presenza sul territorio. La risposta migliore per reagire alle sconfitte - spiegano fonti 5 Stelle - non sono i processi, bensì il lavoro pancia a terra, rispettosi dei ruoli. C'è però da dire che nel M5S sono consapevoli di non avere altre strade rispetto a quella della stabilità del governo Conte e quindi sono pronti ad ingoiare qualche rospo, accettando le misure targate Lega, soprattutto dopo il bel gesto (così lo definiscono) dell'ex vice-ministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi che si è dimesso subito dopo la condanna con l'assenso del titolare del Viminale.

Le eventuali elezioni a settembre, con Carroccio e Fratelli d'Italia che hanno già la maggioranza al Senato e alla Camera in base ai dati di domenica scorsa, rischiano di spedire il M5S all'opposizione per uno o due lustri. Meglio, quindi, andare avanti con il 'low profile' accettando qualche diktat di Salvini (cercando comunque di correggerlo) piuttosto che ritornarsene forza di minoranza non in grado di incidere sulle scelte del Paese. Senza considerare il vincolo del doppio mandato che, in caso di Politiche anticipate, taglierebbe fuori molti parlamentari pentastellati (Di Maio in testa). Di più, visti i numeri delle Europee il M5S potrebbe ritrovarsi con meno della metà dei seggi rispetto a quelli attuali. Il britannico 'wait and see' è davvero la 'best choice'.