Governo M5s-Lega, torna l'ipotesi delle urne con Salvini contro Di Maio
I due leader chiedono altro tempo ma le divergenze restano, e mentre Di Maio perde popolarità, Salvini si prepara a tornare alle elezioni per vincerle
Il governo M5s-Lega, dopo un'effimera nottata in cui sembrava tutto pronto, torna in alto mare e naviga in acque sempre più cattive e profonde.
Tra i due partiti mancano le convergenze sui nodi più importanti, in primis quello del nome del premier dopo che si sono bruciate praticamente tutte le opzioni possibili.
Questo perché Luigi Di Maio non rinuncia all'idea di fare il Primo Ministro, sapendo perfettamente che il tempo gioca a suo sfavore e che l'occasione di andare a governare gli sta sfuggendo tra le dita. I sondaggi, bibbia della Casaleggio & Associati e fondamento primario delle politiche del M5s, iniziano a evidenziare il declino della popolarità dell'ex valletto dello stadio di Napoli, mentre quella di Matteo Salvini cresce.
Di Maio appare bruciato, specialmente in seno alla base grillina, e un suo revival da candidato premier alle prossime elezioni non avrebbe la stessa freschezza della prima volta, sarebbe un déjà vu, e - se non dovesse arrivare mai a Palazzo Chigi - un déjà vu seguito a un fallimento. All'alba dello spauracchio agitato da Sergio Mattarella sul ritorno a breve alle urne, Di Maio chiedeva a gran voce elezioni a luglio, anzi a giugno. Ma erano semplici boutade, e se la possibilità di ripresentarsi al voto in piena estate è ormai stata scongiurata dalla decisione di sedersi al tavolo delle trattative con la Lega, la paura di confrontarsi di nuovo con gli elettori - assai meno benevoli rispetto a marzo - fa novanta. Anche perché il M5s sa di dover contare necessariamente sul mancato voto da parte dei simpatizzanti di sinistra, che non hanno gradito la liaison dangereuse con l'odiato Salvini.
Salvini non ha questi problemi. La riabilitazione di Silvio Berlusconi dona un impulso tutto nuovo alla coalizione di centrodestra, che potrebbe raggiungere la maggioranza assoluta (se si dovesse rivotare con il Rosatellum, come sembra del tutto probabile). A quel punto Salvini sarebbe il leader del partito più votato della compagine trionfatrice a tutti gli effetti e avrebbe maggior potere contrattuale dentro e fuori della coalizione, senza doversi abbassare a "inciuciare" con il M5s, che per esigenze di copione si ripresenterebbe alle elezioni da solo ma con molto meno appeal del 4 marzo.
E c'è un ultimo elemento da considerare. Se si dovesse tornare a breve alle elezioni, Matteo Salvini imposterebbe la campagna elettorale sull'inadeguatezza del Movimento e di Luigi Di Maio (che sarebbe il rivale da battere), sulla loro genuflessione all'Europa e a Bruxelles, e rosicchierebbe parecchi voti dei delusi grillini e di un'ampia fetta dell'elettorato "populista" e "antisistema" (disgustato dalle avances dei grillini al Pd). Il M5s perderebbe quindi parecchi consensi a Destra, così come a Sinistra per le ragioni di cui sopra, rischiando il flop elettorale. Tanto più cocente dopo il successo delle precedenti elezioni.
Insomma, la Lega al momento siede al tavolo con il M5s ma, ufficiosamente, sta scaldando i motori per la prossima avventura elettorale che vedrà Matteo Salvini fare il bello e il cattivo tempo. E il leader della Lega non vede l'ora.