Governo, Pd sotto scacco di Renzi: rinviata l'assemblea della resa dei conti
Rimandata l'assemblea del 21 aprile per volere dei renziani. L'analisi della sconfitta può aspettare: nel Pd comanda ancora Renzi
La débacle del 4 marzo non ha cambiato niente nel Partito Democratico. Le sei sconfitte consecutive (sette se ci aggiungiamo le elezioni regionali in Lombardia), amministrative 2016, referendum 2016, amministrative 2017, regionali siciliane 2017, elezioni municipali di Ostia 2017 e politiche 2018, non hanno mutato alcunché nello scenario dem. Matteo Renzi, segretario dimissionario e sedicente "semplice senatore", tiene sempre in pugno il Pd e detta ancora legge, forte dei suoi fedelissimi da lui machiavellicamente blindati in Parlamento.
Era attesissima l'assemblea del 21 aprile, quella in cui si prospettava lo showdown, il redde rationem, la resa dei conti fra antirenziani e renziani doc. Ma per volere di questi ultimi, il consesso è stato procrastinato a data da destinarsi, dopo un incontro fra Renzi e Maurizio Martina, il neosegretario con scarsa (o nulla) voce in capitolo per quanto riguarda la linea del Pd.
Il problema è che, come hanno sottolineato molti osservatori politici, non esiste più un solo Pd ma ve ne sono almeno due, tre, quattro, in contrasto fra loro. Qual è l'interlocutore con cui confrontarsi? Chi è a decidere la condotta da adottare? Chi è che comanda davvero a casa dem? Ufficialmente nessuno, ma ufficiosamente ancora Matteo Renzi, che tiene sotto scacco un intero partito. Un partito la cui guida, per sua stessa ammissione, egli dovrebbe aver abbandonato da un mese e mezzo.
L'assemblea Pd era attesa per capire quali sarebbero stati i prossimi passi del Partito Democratico, il secondo in Italia forte di un 18 % di voti, nei confronti delle aperture del m5s, considerando la linea possibilista di esponenti dem come per esempio Dario Franceschini verso un possibile accordo fra i grillini e i dem. Un accordo che chiedono in molti, e che non dispiacerebbe a Bruxelles che teme un patto scellerato fra Lega e Movimento 5 Stelle.
Tutti, insomma, erano in attesa del 21 aprile per capire se "l'Aventino" sarebbe continuato a oltranza o se si sarebbe cercata una linea alternativa per non condannare all'irrilevanza una forza politica votata da oltre sei milioni di italiani. E invece, invocando la situazione di stallo creatasi nel Paese dopo il voto (stallo dovuto anche all'arroccamento del Pd), l'assemblea è stata rimandata. Proseguono quindi la chiusura e lo splendido isolamento. Ha vinto ancora una volta, in due parole, il volere di Matteo Renzi. Altro che semplice senatore...