Politica

Governo, “Renzi? Un povero diavolo del 2%. Trattare, ma da posizioni di forza”

di Paola Alagia

Intervista di Affari al deputato M5s Pino Cabras: “Le posizioni del ‘Saudita di Rignano’ vanno respinte. Avanti uniti su Conte”

Mentre è in corso il tavolo con la maggioranza convocato dal presidente della Camera Roberto Fico per tentare di ricomporre la crisi di governo, nel Movimento cinque stelle c’è chi, come il deputato sardo Pino Cabras, ha le idee chiare sulla rotta da seguire. E cioè: si discute con Matteo Renzi, ma da una posizione di forza: “Si può trattare anche con satana - ha detto intervistato da Affaritaliani.it -, figuriamo se non è possibile con un ‘povero diavolo’ come mister 2 per cento”.

Cabras, dica la verità, il fatto che Italia viva sia l’unica forza della coalizione a non fare il nome di Conte, le sta facendo perdere la pazienza?
Per indole personale sono estremamente paziente e questo ha anche un valore politico. Dopodiché, io sono convinto che non dobbiamo assolutamente farci dettare l’agenda da spinte improvvise o forzature, come quelle di Renzi.

E, quindi, cosa propone?
Credo che l’atteggiamento giusto sia ragionare sui reali rapporti di forza. E, dunque, ricordare a Renzi in ogni momento che rappresenta una forza artificiale, nata da uno spin off di un partito politico sconfitto alle elezioni. Se si andasse al voto oggi, infatti, sarebbe semplicemente spazzato via dagli elettori. Cosa rappresenta? Forse l’Arabia Saudita, ma di sicuro non ha una grande spinta elettorale e quindi va trattato di conseguenza. Se vuole ricomporre il governo, va bene. Ma venga inginocchiato sui ceci e avrà non più di quanto aveva prima. Non un grammo aggiuntivo.

Intanto, Renzi fino ad ora ha guidato il gioco e fatto sì che i contenuti fossero discussi prima del nome, sebbene, trattandosi di un pre-incarico, l’ordine doveva essere invertito. Non le pare?
Se analizziamo la questione in termini di temi, le dico subito che a me risulta evidente che molti contenuti siano pretestuosi, messi in mezzo per tirare la corda, in un continuo alzare la posta. Ma, in realtà, questo giochino non regge.

In che senso?
Nel senso che la vera agenda nascosta di Renzi tanto nascosta non è. Ed è appunto la questione del nome. Anzi, di un nome: Giuseppe Conte. Così come non ne sono ignote le ragioni.

Cioè?
E’ semplice: Conte rappresenta quel presidio a Palazzo Chigi che ha influenza su un certo tipo di voto centrista e moderato. Dini o Monti, per esempio, con i loro partitini avevano preso tra il 6 e il 10 per cento. Ed è esattamente quel tipo di cifra che può fare la differenza tra la sopravvivenza di Renzi o la sua scomparsa. Ecco svelato l’arcano. Insomma, finché c’è Conte, Renzi sa che non può “volare”.

Se il gioco è chiaro, allora quali saranno le prossime mosse per evitare di perdere tempo?
E’ Renzi ad averci fatto perdere tempo. Ma noi siamo stati netti nel dire che si riparte da Giuseppe Conte. Proprio perché conosciamo l’agenda nascosta del leader di Italia viva. Questo, in realtà, è il nostro punto di forza, essendo un punto fermo.

E se Renzi dovesse alla fine tirar fuori un nome diverso dal cilindro?
Molto dipenderà dalla tenuta dei nostri negoziatori. Il consiglio che mi sento di dare loro - perché è un sentire che accomuna molti deputati e senatori del M5s, che non si sentono massa di manovra, ma vogliono punti fermi - è il seguente: nella trattativa con Renzi non si deve cedere su nessun punto. Ha presente la vecchia vignetta di Altan con le colombe di pace da un lato e i due falchi dall’altro?

No, si spieghi.
I falchi chiedono alle colombe di sacrificare due dei loro per poter trattare. Ecco, questa vignetta fotografa bene la situazione perché è così che avvengono i negoziati. Ora bisognerà vedere se i falchi siamo noi o è Renzi.

E lei che dice?
A mio avviso noi possiamo essere abbastanza falchi. Renzi è un soggetto che va ridimensionato proprio per la sua scarsa forza, perché non rappresenta un elettorato reale, ma solo equilibri di potere che si è costruito, abilmente, nel tempo e che non devono essere accettati. Io sono per una giusta severità, in nome del popolo italiano. L’ex premier, insomma, deve essere “punito” per aver scatenato la crisi.

Citando Altan, pensa anche ad Alfonso Bonafede, visto che potrebbe essere il ministro M5s sacrificato in un nuovo governo?
Parto dal principio che se ci sentiamo forti, siamo forti. D’altronde, siamo una forza parlamentare che, certo, non è autosufficiente, ma è indispensabile. E soprattutto è una forza che ha alle spalle un elettorato.

Se ci sarà un veto su Conte, quale dovrebbe essere la linea del M5s, allora? Di fronte a un’ipotesi di governo istituzionale cosa dovrebbe fare?
Se emergerà un veto su Conte, che oggi sappiamo essere implicito, possiamo rovesciare la questione su Renzi. E’ semplice: basta ricordargli che ha voluto una crisi sui temi e che non era interessato ai nomi. E, quindi, inchiodarlo sui contenuti da affrontare insieme a Conte.

E’ fiducioso rispetto a un esito del genere?
Non si tratta di essere più o meno fiduciosi. Si tratta di portare avanti compatti una linea: uniti su Conte, respingendo le posizioni del “Saudita di Rignano”.

E’ soddisfatto di come i vertici del Movimento stanno conducendo questa delicata partita?
Non voglio gettare la croce su persone che si trovano ad affrontare in prima linea tale vicenda, stretti tra il galateo istituzionale e negoziale richiesti dalle circostanze. Qualche errore comunicativo, però, è stato commesso.

Quali in particolare?
Penso alla linea “mai con Renzi”, messa pure nero su bianco. Le parole scritte possono diventare pietre. E le pietre vanno usate bene. Ecco perché non ho mai detto che con Renzi non si debba trattare. Ribadisco: bisogna farlo da posizioni di forza, se si riconosce di averne una. Passare dal “mai con Renzi” a trattiamo su tutto, invece, ci fa apparire deboli. E soprattutto dà l’idea che il M5s può cedere su qualsiasi richiesta, mentre non bisogna cedere neanche di una virgola rispetto ai diktat di mister 2 per cento.