Politica

Guerra in Ucraina, ma il problema non è Zelensky al Festival di Sanremo

Di Massimo Falcioni

Il “sì” o “no” a Zelensky al Festival di Sanremo accende lo scontro politico e divide persino gli schieramenti disorientando gli italiani, ridotti a fan

Si va verso la primavera e i russi, pur provati (armamenti tradizionali obsoleti, necessità di acquisto armamenti da Cina e Iran, Corea del Nord), sono decisi a sferrare la controffensiva militare. Altri morti e feriti, altre distruzioni. Nuove ripercussioni negative sull’economia mondiale e nuove tensioni internazionali. Che fare? Non saranno i primi 54 (dei 150) nuovi carri armati occidentali, pur tecnologici e superiori ai tank russi, comunque armamenti difensivi, a cambiare le sorti del conflitto, tanto meno a fermarlo. Ciò significa prosecuzione della guerra.

Senza il sostegno occidentale Putin chiuderebbe la questione in poco tempo con conseguenze pesantissime, ben oltre i confini dell’Ucraina. Far parlare Zelensky al Festival di Sanremo non è cercare audience ma dimostrare anche così al martoriato popolo ucraino che non è solo. Quel popolo è ben più esausto degli italiani, degli europei, degli occidentali, pagando sulla propria pelle, spesso con la propria vita e con la vita dei propri cari, le mire espansionistiche di Putin. Il capo del Cremlino deve sapere, in tutti i modi, anche con il messaggio dal festival di Sanremo, che è isolato e che, continuando così, rischia di portare alla rovina, oltre la Russia, il mondo intero.

Non è questo il momento di essere super partes. Persino la Cina non asseconda le mire espansionistiche del rais del Cremlino ben sapendo che anche cedendo territori Putin non si fermerà. Il tavolo di pace è auspicabile ma oggi non ci sono le condizioni. Ci si può sedere a un tavolo di pace senza Zelensky, da una parte la Russia e dall’altra gli USA?