Politica
I 30 mila euro a Siri, le parole di Arata: "Ci lavora un secondo per guadagnarli"
Le intercettazioni di Paolo Arata: "Siri è un carissimo amico, ma proprio caro"
«Guarda che l’emendamento passa». E qualche frase dopo, un riferimento all’allora sottosegretario leghista alle Infrastrutture oggi indagato per corruzione: «Siri ci lavora un secondo per guadagnare trentamila euro». Così parlava Francesco Paolo Arata, secondo quanto riporta La Repubblica. Era il 10 settembre dell’anno scorso, e non sospettava che il suo telefonino fosse stato trasformato dalla Dia di Trapani in una microspia ambulante: il consulente per l’energia del ministro Salvini in società con Vito Nicastri, il re dell’eolico vicino ai clan, annunciava al figlio Francesco e a Nicastri junior, Manlio, che sarebbero arrivati presto tempi d’oro.
Proprio grazie al sottosegretario Armando Siri e al suo emendamento nel decreto “rinnovabili”, che avrebbe aperto le porte a un fiume di finanziamenti per il mini-ecolico. «Sono milioni per noi l’emendamento, che cazzo», si legge su Repubblica. E ancora: «L’emendamento è importante». Arata ripeteva: «Siri è un carissimo amico, ma proprio caro». E spiegava: «Armando è uno che ama la Sicilia».
Oggi è indagato dalla procura di Roma per aver «promesso o consegnato» quella tangente da 30 mila euro, ed è detenuto nel carcere romano di Regina Coeli per i suoi loschi affari nella provincia di Trapani. Il senatore Armando Siri ha invece resistito finché ha potuto, con il sostegno del vertice della Lega, nella sua poltrona di sottosegretario. Ma l’8 maggio scorso, venti giorni dopo l’avviso di garanzia, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte lo ha dimissionato. Eccole le parole che accusano Siri, adesso depositate dalla procura di Palermo agli atti dell’ordinanza che il 12 giugno ha portato in carcere gli Arata e i Nicastri. E non sono ancora tutte le accuse. A Palermo, ci sono infatti alcuni omissis nell’intercettazione del 10 settembre 2018, sono oggetto di valutazione da parte della procura di Roma. Per quanto risulta a Repubblica, dietro quegli omissis ci sarebbe una frase ancora più esplicita pronunciata da Arata a proposito della mazzetta a Siri: «Io gli do 30 mila euro».