Politica

Il 1/5 non è il giocattolo di Landini. Meloni le ha suonate ai sindacati

Di Giuseppe Vatinno

Non ha amichetti in questo governo il leader Cgil...

Quando ha incontrato i giornalisti davanti a Palazzo Chigi si è finto costernato perché dovessero lavorare ieri e oggi, magari sotto la pioggia.

Sono decenni che i sindacati non rappresentano più i lavoratori se mai li abbiano mai rappresentati.

L’idea che si ha è quella di gruppi di potere che utilizzano invece i lavoratori per i loro scopi e più ce ne sono e più contano.

Basti pensare ai danni strutturali all’economia italiana che hanno combinato quando appoggiarono il piano dell’allora ministro Pierluigi Bersani dei DS per fare lo “spezzatino” dell’Olivetti, la più grande industria italiana e un fiore all’occhiello nel mondo.

E c’è da chiedersi dove fossero quando Renzi, allora segretario del Pd, abolì l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Forse c’era qualche partita in Tv.

La Meloni dovrebbe anche chiedere conto alla triplice perché non pubblichi i bilanci, visto che è una richiesta che viene addirittura direttamente dalla Carta costituzionale.

Ma su questo punto, come su altri, cade una cortina di imbarazzato silenzio perché pubblicare i bilanci vorrebbe dire scoprire altari e altarini.

Male non fare paura non avere.

Relativamente al decreto lavoro la leader di FdI ha ribadito rivolta a Landini:

«Per lei approvare il decreto il 1° maggio è un affronto ai sindacati, per me invece è un modo di partecipare alla festa dei lavoratori con qualcosa di buono. Siamo su mondi diversi».

Landini dovrebbe finalmente capire che il 1 maggio non è il suo personalissimo giocattolino, il suo “Natale laico” ma dovrebbe essere la festa di chi veramente lavora e non la sua.

Dovrebbe essere la festa di chi è sfruttato ed emarginato ed invece è solo utilizzato come carne da macello sul tavolo delle contrattazioni.

Ai grandi discorsi retorici che sentiamo dai palchi, oltretutto menano anche gramo visto che piove sempre al concerto di San Giovanni, segue solo e sempre la fastidiosa sensazione per i lavoratori di avere qualcosa di non nobile nelle terga.