Politica
In esclusiva un estratto della biografia di Zelensky "Lottare per il futuro"
Solo su affaritaliani.it l'anticipazione del libro scritto dal giornalista Gallagher Fenwick: "Credo in Dio, ma mio padre mi ha insegnato a non parlarne"
Nel 2019 Vladislav Davidzon, giornalista che vive tra la Francia e l’Ucraina e che da dieci anni racconta la vita degli ebrei nel Paese, ha seguito la vittoriosa campagna elettorale di Zelensky, e all’epoca ha parlato con il candidato dei suoi rapporti con la comunità ebraica: "Ho avuto la sensazione che in fin dei conti sia un tipico ucraino, che si consideri un ucraino «medio». La sua identità ebraica, per lui, non è né importante né interessante. Ci ha riflettuto nel 2018 e nel 2019, e si è detto che poteva rappresentare un handicap politico e culturale. Da allora, invece, è diventata un elemento centrale".
Il giornalista riconosce che nel Paese persiste ancora un po’ dell’originario antisemitismo, ma ci tiene a fare una precisazione: «L’Ucraina è sicuramente la nazione meno antisemita delle quindici ex repubbliche sovietiche e probabilmente di tutta l’Europa dell’est. Sono cinque anni che cerco di spiegarlo a tutti». Davidzon afferma che non c’è «alcun antisemitismo di Stato. Al contrario, questo governo e i cinque precedenti sono stati molto attenti alla questione. Alcuni più di altri, ma nell’insieme si sono comportati tutti in modo corretto».
Questa nuova Ucraina si mostra chiaramente nella piazza (majdan in ucraino) in cui nel 2014 scoppia la cosiddetta «Rivoluzione della dignità», nella scia dell’Euromajdan dell’anno precedente. Quel momento di aggregazione tra diverse frange della società gioca un ruolo chiave nel portare alla luce l’estrema destra ucraina, ma anche la sua evoluzione.
I manifestanti resistono per quasi una settimana agli assalti omicidi di forze di polizia comandate da un governo filorusso, con a capo un presidente che finirà per fuggire dal Paese. Dietro le barricate ci sono ultranazionalisti, ammiratori di Stepan Bandera con i loro vessilli neri e rossi, ma anche cittadini che dichiarano apertamente di appartenere alla comunità ebraica. Questa strana alleanza porterà alcuni membri dell’organizzazione di estrema destra Pravyj Sektor a partecipare alle celebrazioni in onore di uno dei tre manifestanti ebrei uccisi dalle forze dell’ordine. Le accuse del Cremlino, secondo cui tutti i contestatori erano simpatizzanti nazisti, sembrano davvero assurde. A dire il vero in Ucraina, come in altri Paesi europei, l’estrema destra ultranazionalista e razzista rimane una realtà, così come l’antisemitismo. Ciò risulta evidente, per esempio, nei ranghi del battaglione Azov, nato nel 2014 per combattere i separatisti filorussi nell’est dell’Ucraina, i cui membri sfoggiano volentieri simboli nazisti. Ma sarebbe sbagliato ritenere che tali elementi siano centrali nella matrice ideologica di un Paese che durante le ultime elezioni presidenziali, nel 2019, ha votato in massa per Volodymyr Zelensky. Vincendo in quasi tutte le regioni, dall’est russofono all’ovest filoeuropeo, il candidato ha superato le tradizionali divisioni e al ballottaggio ha ottenuto il 73,2 per cento dei voti, con un tasso di affluenza superiore al 60 per cento. In concreto, significa che 13.541.528 ucraini, in un Paese di poco più di quarantaquattro milioni di abitanti, hanno votato per un uomo che, pur non volendo promuovere la propria religione, di certo non la nasconde.
In realtà, agli occhi di Vladimir Putin, chiunque si opponga alle sue politiche espansionistiche è considerato un nazista. Il giornalista Piotr Smolar riassume così il rapporto del leader russo con questo aspetto della storia, e con la realtà in generale: "L’evidente contraddizione tra il discorso russo sulla denazificazione dell’Ucraina e le ascendenze di Zelensky non è affatto un problema per Mosca. In un regime dittatoriale la propaganda non ha bisogno di coerenza, logica o attinenza alla realtà. Una ruota può essere quadrata, basta ripeterlo e, da un giorno all’altro, i telespettatori finiranno per crederci, o almeno la maggior parte di loro. Il principio della propaganda non è la falsità ma l’abolizione di qualsiasi distinzione tra realtà e finzione. Così tutto può essere allo stesso tempo vero e falso".
Ironicamente, le accuse di neonazismo hanno contribuito a un calo dell’antisemitismo in un Paese, l’Ucraina, in cui la maggior parte degli abitanti desidera solo smentire Putin. Nel Parlamento ucraino i partiti di estrema destra non hanno alcun peso (detengono solo un seggio su 450). Zelensky è quindi a capo di una nazione che sembra aver iniziato una riflessione sulla memoria della Shoah e dei pogrom. Il presidente rappresenta la sintesi tra l’epoca passata in cui è cresciuto, il periodo dell’ideologia sovietica che rifiutava di riconoscere la specificità della sorte degli ebrei, e una nuova era in cui l’Ucraina tenta di forgiarsi una propria identità lontana dai semplicistici schemi di pensiero che la Russia o l’Europa le vogliono imporre dall’esterno.
Come il suo popolo, anche Zelensky rifiuta gli schemi troppo semplicistici. Russofono senza necessariamente essere filorusso, votato in massa anche dai cittadini di lingua ucraina... Non nega le sue origini ebraiche, ma non è praticante. È sposato con una donna di un’altra confessione e almeno uno dei loro due figli è stato battezzato secondo il rito cristiano ortodosso. Durante la campagna elettorale è stato criticato per lo stile di vita, per i legami con la Russia o la presunta incompetenza, ma nessuno degli oppositori ha mai fatto il minimo accenno alle sue origini. Zelensky è ebreo e a volte si rifà all’umorismo ebraico. Non rinnega le sue origini e, così facendo, rispecchia gran parte dell’Ucraina contemporanea. «Un’Ucraina» secondo Vladislav Davidzon «cosmopolita, poliglotta, multietnica e multirazziale, contrapposta a una nazione etnicamente ucraina. Ed è la prima che sta vincendo la battaglia delle idee».