Politica
Omicidio Khashoggi e Joe Biden, ingenuo boyscout
Ecco una vecchia barzelletta. Il figlio di un medico decide di seguire le orme paterne e si laurea in medicina. Così il padre, già anziano, si mette in pensione e gli passa la clientela. Presto il figlio viene ad annunciargli, festoso: “Sai, papà, quel vecchio rompiscatole di Annizzi, quell’ipocondriaco che ti secca da una vita? L’ho guarito. Sono riuscito a convincerlo che le sue malattie sono immaginarie”. “E bravo l’imbecille, gli risponde il padre. Chi credi che ti abbia pagato gli studi, in questi anni?”
La storiella sta ad indicare che a volte chi fa “la cosa sbagliata” in realtà sta facendo quella giusta, e chi fa “la cosa giusta” in realtà sta facendo quella sbagliata. Come avviene in questi giorni negli Stati Uniti.
Un paio d’anni fa Jamal Khashoggi, un giornalista oppositore del regime saudita, è stato attirato con uno stratagemma nel consolato saudita di Istanbul dove gli agenti dei servizi segreti del re lo hanno ucciso e ne hanno fatto sparire il corpo. La vicenda, nelle intenzioni di chi l’organizzò, avrebbe dovuto rimanere segreta, ma così non è stato. E naturalmente non sono mancate le accuse al principe ereditario Mohammed Bin Salman il quale non soltanto è l’uomo forte del regime ma è anche il capo dei servizi segreti. La responsabilità di quest’uomo che pure – secondo gli standard sauditi – è un innovatore e un liberale, è indubbia. Ma il governo saudita ha negato ogni coinvolgimento nel crimine e tutti i governanti del mondo – o, almeno, quelli che sono alleati dell’Arabia – hanno fatto “i fessi per non pagare il dazio”.
Fra l’altro lo stesso servizio segreto americanio dice che “non è in grado di dire se [gli agenti del servizio segreto saudita] conoscessero in anticipo che l'operazione si sarebbe conclusa con la sua uccisione”, e questo offre a Bin Salman un appiglio non da poco per proclamare la propria innocenza. Ma questo particolare non interessa a Joe Biden. Questi ha fatto pubblicare il rapporto ed ha espressamente accusato Bin Salman.
Nella comunità internazionale nessuno si fa illusioni sul livello di rispetto dei cittadini che ha una monarchia assoluta e oscurantista come quella che comanda nell’immensa penisola arabica. E per questo lo scandalo non è scoppiato. A che scopo inimicarsi un personaggio con cui si è costretti ad avere a che fare e che per giunta domani sarà il sovrano assoluto di quello Stato? E infatti Donald Trump, pure in possesso del rapporto della CIA, l’ha tenuto nel cassetto e si è voltato dall’altra parte. Invece Joe Biden, democratico irriducibile e intransigente eroe dell’ideale, ha accusato pubblicamente il principe, forse pensando di raddrizzare le gambe ai cani, ed ha dato nuovamente fiato allo scandalo. Naturalmente il governo saudita l’ha smentito, e il tutto a che cosa condurrà? A niente di positivo per gli Stati Uniti. A niente di positivo per la famiglia di Khashoggi e a niente di positivo per gli altri oppositori del regime.
Biden sembra non conoscere il mondo e si comporta come un boy scout che, nella sua ingenuità, segue i principi morali che gli hanno insegnato. Più o meno come se, in assenza di prove, un penalista consigliasse al suo cliente di confessare il proprio crimine “perché quella è la verità”.
Se questo leader deve guidare gli Stati Uniti, God bless America. Meno male che Biden non si è trovato al posto di Churchill, perché si sarebbe rifiutato di avere a che fare con Stalin. Quello di Khashoggi ne ha uccisi milioni.