Politica
Assemblea costituente M5S, regna il caos tra rischio scissione e Conte pronto a lasciare. Chi se ne va e chi potrebbe essere il nuovo leader
Maionese impazzita pentastellata con voti online imprevedibili
Difficilmente Conte potrà svolgere il ruolo di Gianburrasca che non rompe con il Pd ma che trasforma il M5S in una spina nel fianco di Schlein
Come sempre, o quasi sempre, quando si tratta del Movimento 5 Stelle si faticano a comprendere bene le logiche interne e fare previsioni su che cosa potrà accadere. Cresce l'attesa per l'assemblea costituente del 23 e del 24 novembre al Palazzo dei Congressi a Roma. Il colpo di scena sarebbe quello - nessuno si azzarda a fare previsioni - dell'arrivo di Beppe Grillo, il fondatore del Movimento ormai in totale rotta di collisione con l'ex premier e leader Giuseppe Conte. Tra i vari temi e i vari quesiti che verranno votati dalla base degli attivisti (moltissimi dei quali nessuno sa chi siano), ovviamente in modalità online ce ne sono due in particolare che sono una vera e propria 'bomba' politica.
Il primo riguarda il no alle alleanze che escluderebbe per sempre ogni rapporto con il Partito Democratico. Il secondo, invece, è quello sul doppio mandato. Mantenere questo vincolo, che però Grillo aveva rotto ricandidando Virginia Raggi, sarebbe una delegittimazione dell'opera di rinnovamento che sta cercando di portare avanti con fatica Conte. I problemi del leader pentastellato ed ex presidente del Consiglio sono molteplici. Il più grande è che viene da una batosta pesante come voti di lista alle elezioni regionali. In molti ragionano che aver rotto con Grillo una settimana prima del voto in Liguria e aver fissato il congresso una settimana dopo le elezioni in Emilia Romagna e in Umbria non sia stata proprio una genialità. Anzi, visto che era facile prevedere il flop dei pentastellati, in molti sostengono che sia stato proprio un grave errore.
Fatto sta che, a parte tutto il lavoro per cercare di potenziare il Movimento sul territorio partendo dalle grandi città, la linea politica di Conte vorrebbe e dovrebbe essere quella di non escludere a priori alleanze con il Centrosinistra, infatti lui ha parlato di campo progressista, ma cercando sempre più di differenziarsi dai Dem altrimenti tra la copia e l'originale, gli elettori votano l'originale. I punti più di distacco con il Pd sono certamente in politica estera e in particolare sul no fermo all'invio di nuove armi all'Ucraina. Ma c'è anche l'approccio pragmatico e concreto con Donald Trump, presidente eletto degli Stati Uniti che sbagliando scrisse 'Giuseppi' anziché Giuseppe Conte, che vede M5S e Pd su due fronti opposti. Elly Schlein è stata chiara dopo le Presidenziali Usa, "una brutta notizia", il leader dei 5 Stelle non si è sbilanciato e ha sottolineato l'importanza di arrivare alla pace non solo in Ucraina.
In sostanza il M5S dovrebbe essere una spina nel fianco semi-movimentista dei Dem, non rompere con Schlein ma avere una propria, forte, identità e una connotazione per certi versi radicale ma comunque post-ideologica su alcune tematiche. Il punto è che - ragionano fonti Pd - per svolgere questo ruolo Conte appare l'uomo meno adatto. Avvocato, ex studente dei Gesuiti, di fatto con approccio democristiano è difficile che possa interpretare il ruolo di Gianburrasca senza comunque rompere del tutto con Grillo. Un crinale molto stretto che rischia seriamente di provocare una scissione nel M5S. Laddove Conte non avesse la fiducia o non si sentisse sufficientemente garantito dal voto degli iscritti potrebbe essere lui a lasciare.
O invece altra ipotesi è quella di una rottura da parte di Grillo insieme a Virginia Raggi, Danilo Toninelli e una decina di parlamentari tra Camera e Senato. Una frattura per far sorgere un nuovo Movimento che ritrovi le origini anti-sistema dei 5 Stelle di Grillo e Casaleggio. Dall'altra parte, però, sul fronte più moderato dei pentastellati, se saltasse Conte o se ci fosse una scissione, difficile che a prendere in mano le redini di un partito alleato del Pd sia Chiara Appendino, che da sindaca di Torino ha fatto una vera e propria guerra con i Dem. L'ipotesi più accreditata è quella della guida affidata a un uomo pacato, serio, moderato che è stato due volte ministro come il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli che certamente non vuole rompere con il Pd. Più movimentista e magari tentato dalle sirene di Grillo il capogruppo alla Camera Francesco Silvestri.
Insomma, una sorta di maionese impazzita a 5 Stelle dalla quale può venir fuori di tutto. Dalla conferma di Conte fino alla scissione e a un nuovo leader.
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