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Politica
M5s, gli scissionisti fregati da Di Maio: gonzi recuperati all’agricoltura

M5s, per Di Maio grande "attaccamento" alle istituzioni

E alla fine la vicenda dei sessanta parlamentari scissionisti sta diventando una bella farsa estiva che allieta i giorni afosi meglio di una serie su Amazon o Netflix. Riavvolgiamo il nastro della gustosa vicenda. Un mesetto fa Luigi Di Maio, detto ormai “er vinavil” per il suo attaccamento alle Istituzioni, esce dal Movimento che lo aveva salvato dagli spalti del San Paolo, e si fa un movimentino, “Insieme per il Futuro” portandosi dietro sessanta parlamentari che speravano di acchiappare qualcosa vista la mala parata e quello che accadeva nei Cinque Stelle.

Il tutto, naturalmente, sempre al solito fine di salvare il governo e i loro posti, ma soprattutto la stabilità dell’Italia in un periodo di pandemie, guerre e Dybala alla Roma. Insomma spirito di patria del tutto condivisibile. Fatto sta che proprio questa mossa costringe il capo politico del Movimento, Giuseppe Conte ad accelerare i tempi delle rivendicazioni programmatiche originali e lo porta a non votare il decreto aiuti per di più insieme al centro – destra. A questo punto, pur avendo una buona maggioranza ma non più la quasi unanimità (non partecipava, come noto, Fratelli d’Italia), Draghi getta la spugna.

Questo però Giggino ‘a cartelletta non lo aveva previsto, anzi la scissione l’aveva fatta proprio per mantenersi la poltrona di ministro degli Esteri e quindi ora si ritrova con il problema che voleva evitare e in più un gruppo di sessanta gonzi sul groppone che chiedono garanzie.

Allora Giggino, paziente ed umile, va dall’altro immarcescibile democristos ministros, come li chiamava Antonello Venditti, per ibridarsi con il suo Centro democratico e così nasce Impegno civico che dovrebbe, nelle intenzioni, salvare le terga a qualcuno, sicuramente ai due leader. Ma Carletto Calenda ficca le dita negli occhi a tutti e con l’accordo con Letta fotte in un colpo solo Bonelli, Fratoianni e Di Maio con il rischio di non farcela a superare il 3% della barriera elettorale.

A questo punto Giggino ‘o traditore, come lo chiamano sul web, cerca di salvare le sue terga rosee e vinavillate, facendo un accordo segreto con Letta Nipote: mi piazzi a me e qualche mio caro (tipo Spadafora) nel listino blindato e lo dici solo qualche ora prima della presentazione delle liste, a Ferragosto. Insomma, una cosa all’italiana. Sembra uno di quei film di guerra in cui il traditore tradisce tutti, pure i precedenti compagni di tradimento. Però Giggino ‘o improvvido è ancora giovane e non sa che la notizia riservata dura solo qualche ora perché il duo Calenda – Letta la spiattella ai giornali.

A questo punto, i sessanta riescono a capire finalmente che Giggino li ha fottuti o meglio li voleva fottere e, come dire, se ne adontano alquanto. Giggino, da guitto napoletano, cerca di buttare la colpa su quei “maledetti di Bibbiano” ma questa volta i gonzi non ci cascano più e gli vogliono loro fargli le (impiastricciate di vinavil) terga.

Il ministro degli Esteri allora convoca in pompa magna alla Farnesina il povero Letta (tra parentesi, bell’esempio istituzionale!), manco fosse un ambasciatore bacchettando, e comincia a dirgliele di tutti i colori, ma essendo Letta Nipote un normalista pisano e insegnante alla Sorbona tiene botta e democristianamente cerca ulteriormente di mediare. Almeno in questa vicenda, la Repubblica italiana ha recuperato 60 braccia rubate all’agricoltura.

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