Politica

Marcucci, Romano, Ceccanti e gli altri big bocciati, terremoto sul Pd toscano

La rottura con Renzi causa la sconfitta di tanti ex renziani, ma non solo. Bonafè, segretaria regionale: "Paghiamo il governo di larghe intese e il peso di IV"

Tanti big Dem sconfitti nella Regione di Renzi. La segretaria Bonafè: "Qui il peso di Italia Viva si sente"
 


Il terremoto che si è abbattuto sul Pd ha uno dei suoi epicentri più rovinosi in Toscana, la regione dove l’ex segretario – ora nemico giurato - Matteo Renzi ha costruito la fortuna politica non solo sua, ma anche della sua cerchia di fedelissimi. Ne facevano parte big come Andrea Marcucci e Andrea Romano, entrambi clamorosamente sconfitti con il centrodestra.

Andrea Marcucci esce di scena dopo un trentennio da protagonista della politica, visto che il suo primo ingresso in Parlamento risale al 1992, con i Liberali. Che il suo percorso possa continuare fuori dal Palazzo sembra scontato, vista anche la veemenza con la quale l’ex capogruppo Dem al Senato si aggiunge a coloro che invocano un congresso anticipato per archiviare l’era-Letta. Il segretario uscente lo aveva defenestrato con una motivazione di genere: alla guida dei gruppi parlamentari c’erano Delrio e, appunto, Marcucci, due protagonisti di una fase ormai conclusa. Al loro posto sono state scelte Serracchiani (Area Dem) e Malpezzi (Base Riformista), un modo formalmente elegante di riequilibrare il peso delle correnti e anche di accontentare chi ha sempre puntato il dito in particolare su Marcucci, considerandolo una sorta di “quinta colonna” renziana rimasta all’interno del Pd.

Il suo legame con Renzi è noto e alla luce del sole, come dimostra la sua partecipazione a un recente convegno con esponenti di Italia Viva, poco prima della presentazione delle liste. Molti pensavano che Marcucci in quella occasione avrebbe annunciato il suo passaggio al partito di Renzi, dato che Letta pareva intenzionato a non ricandidarlo. Invece, a sorpresa, all’ultimo momento è saltata fuori la sua candidatura al Senato nel collegio di Livorno, tra l’altro delicato per via dell’ampio dibattito sul tema del rigassificatore. E Marcucci ha perso contro Manfredi Potenti (Lega). Non che le alternative gli manchino, la sua famiglia è proprietaria della farmaceutica Kedrion, ma la sua passione politica non si è certo spenta, come dimostra il suo slancio verso il congresso, dove è pronto a sostenere la mozione Bonaccini.

Viene da altri percorsi politici (Scelta Civica) anche Andrea Romano, sconfitto nella corsa alla Camera nello stesso collegio di Livorno che era considerato “sicuro” appannaggio del centrosinistra. Per questo motivo la vittoria – seppur di misura, appena 3.000 voti – di Chiara Tenerini (Forza Italia) sta causando forti malumori nel Dem. La neo-parlamentare infierisce, spiegando la vittoria “in trasferta” in un collegio “rosso” col fatto che Romano durante il suo mandato si sarebbe fatto vedere poco sul territorio. Per lui non c’è nemmeno la consolazione dell’abbraccio della sua (bellissima) moglie Sara Manfuso, che nel frattempo è entrata come concorrente nel “Grande Fratello Vip”. L’ironia dei social si è spinta a chiedere se fosse il caso di dirle della debacle del marito e la sempre tagliente opinionista Sonia Bruganelli (moglie di Paolo Bonolis) ha scherzosamente proposto di fare entrare anche l’ormai ex deputato nella mitica “casa”. 

Sconfitto anche un nome eccellente come il costituzionalista Stefano Ceccanti, che scrisse la riforma costituzionale renziana, clamorosamente bocciata nel referendum del 2016. Nel collegio di Pisa, lo ha sconfitto il leghista Edoardo Ziello, rendendo vana la mossa “riparatrice” di Letta. Inizialmente, il segretario del Pd aveva inserito l’ex renziano in una posizione scomoda al plurinominale, per lasciare il posto nell’uninominale all’alleato Fratoianni, che è pisano. Di fronte allo sdegnato rifiuto del docente di diritto comparato, c’è voluto il beau geste del leader di Sinistra Italiana, che però è stato eletto comunque. Ceccanti no.

Fa rumore anche la debacle di Tommaso Nannicini, socialista che nel Pd è stato consigliere economico di Renzi e poi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: è stato battuto a Prato da Erica Mazzetti (Forza Italia). Non che alle altre aree culturali sia andata molto meglio. Uno storico esponente della “ditta” come Enrico Rossi, oltretutto ex presidente della Regione, ha perso il “derby” del collegio Grosseto-Siena contro l’omonimo Fabrizio Rossi (FdI). Passato in Articolo 1 quando Renzi era il dominus del Pd, potrebbe rientrare insieme al capocorrente Speranza, ma un po' ridimensionato da questo flop.

Nel complesso, insomma, un risultato sul quale bisognerà certamente stimolare la riflessione di un altro nome celebre tra gli ex renziani, quello di Simona Bonafè. Lei è stata eletta, ma nella sua veste di segretaria della Toscana non può esimersi dalla fatidica analisi della sconfitta: “Siamo stati il partito che anche in questa fase probabilmente ha pagato il peso della responsabilità di avere portato avanti un governo di unità nazionale, che però serviva al bene del Paese. Siamo anche la Regione in cui il peso di Italia Viva si è fatto sentire maggiormente. Se fossimo stati ancora tutti insieme non saremmo a parlare di lieve flessione: abbiamo risentito della presenza di Iv, cosa che mi porta a dire che o stiamo tutti insieme o vince la destra. Il prossimo non dovrà essere un congresso ordinario, ma un congresso in cui dobbiamo rimettere al centro la nostra proposta politica e l’identità del Partito Democratico”.