Politica
Maurizio Molinari attacca il governo per nascondere il tracollo di Repubblica
Il “metodo Repubblica” si abbatte sul ministro Lollobrigida
Maurizio Molinari attacca il governo per nascondere il tracollo di Repubblica
Chi pensava che la Repubblica cambiasse nel passaggio dall’era De Benedetti a quella Agnelli si è trovato clamorosamente smentito perché, soprattutto in Italia, il grande editore non è puro e fa politica e soprattutto soldi, anche quelli che furbescamente fanno finta del contrario.
Si pensi anche all’Espresso, prima di proprietà Gedi ed ora di BFC Media, che è uscito la scorsa settimana con il ministro Sangiuliano in prima pagina e all’interno una sgangherata inchiesta sulla Cultura.
Repubblica è il regno incontaminato del radical – chicchismo capalbiano, categoria sociale dell’Essere ormai sdoganata anche a livello scientifico. Il radical-chic tipico è in genere stanziale e lo si può ammirare negli attici milionari dei centri storici delle grandi città, circondato da bandiere pacifiste arcobaleno e libri di Sarte e Marcuse sul comodino. Passa le sue giornate a pontificare a favore dei “poveri e degli ultimi del mondo”, abboffandosi nel contempo di pregiate tartine al salmone cavialato e bevendo champagne. Il suo passatempo preferito è poi quello di trascorrere ore ad adorare il permesso Ztl incorniciato in salotto.
Il “metodo Repubblica” si abbatte sul ministro Lollobrigida
Il ministro Lollobrigida -che ha osato ribadire il concetto che ormai è di dominio universale- è stato invece prontamente legnato dal direttore di Repubblica Molinari che dalla fregata amica La7 si è lagnato: “Ho dovuto leggere più volte (l’età avanza, ndr) le parole del ministro Lollobrigida pubblicate su un social network, perché non pensavo che un ministro della Repubblica potesse offendere tutta la categoria dei giornalisti dicendo che “brindano a champagne” e ”non mettono le mani nel letame”
E poi ancora: “Il fatto che riassumere (sic, ndr) con redazioni in cui si brinda a champagne è un’offesa per chi fa questo lavoro, inclusa la Presidente del Consiglio che è giornalista professionista. Questo modo di incitare il disprezzo pubblico verso i giornalisti che esercitano il diritto di libertà d’informazione, ricorda le autocrazie, sistemi di governo in cui chi è al potere delegittima chiunque ha opinioni differenti. Anche arrivando a dire che si brinda con lo champagne: sono cose molto gravi e credo sarebbe giusto presentare le scuse da parte di Lollobrigida a tutti i giornalisti per questa gravissima affermazione”.
Insomma, la strategia di piccolo cabotaggio del Molinari è chiara, anzi chiarissima. Messo alle strette dalla verità fattuale, e cioè dello champagne, simbolo della ricchezza dei finanziatori del suo foglio, non gli resta che tirare dentro la Meloni e magari anche Salvini che sono giornalisti professionisti. E poi, nel caso, si saranno “offesi” solo i giornalisti che praticano l’arte del tartinaggio e non certo tutti come lui vuol far credere.
Ma Repubblica non è solo un giornale fazioso è anche un modo di esistere, una visione del mondo, una rappresentazione della realtà che poi è quella che ha descritto bene Lollobrigida, Repubblica è uno stato di coscienza. È la rappresentazione dell’ipocrisia del Potere e della Ricchezza ed è anche la spiegazione del perché la sinistra abbia perso tutte le periferie delle grandi città che sono passate alla destra, tranne, appunto, i centri storici ricchi. Se lo chieda Molinari e si dia una risposta.
Repubblica fa la lagna e si paragona alle “Gazete” dell’Est
Molinari, nella sua lamentazione televisiva -e poi scritta- ribalta la frittata. Non è la Meloni a perseguitare la gazeta di via Cristoforo Colombo ma esattamente il contrario. È proprio il “metodo Repubblica” che si abbatte quotidianamente contro chi non la pensa come loro e sulla libera stampa. Ne abbiamo parlato qui. Dobbiamo poi notare come per la democrazia si è formato un pericoloso conglomerato di potere mediatico, supportato dalla FNSI di Alessandra Costante e da Usigrai, che rappresentano ormai anche veri poteri politici che cercano di intimidire tramite ricorsi all’Ordine proprio i giornalisti non servi del Pensiero Unico del Politically Correct.