Palazzi & potere
Barack Obama avrebbe contribuito a creare un pericoloso Stato Islamico
Barack Obama e il Medio Oriente
Ha ceduto, in Siria, a Baghouz, anche l'ultimo fortino di ciò che restava del proto-Stato dello Stato islamico. La resistenza degli islamici è stata forsennata, fino all'ultimo. E feroce, anche. I guerriglieri islamici infatti impedivano (per poterli usare come scudi umani) a donne e bambini (le loro donne, i loro bambini) di utilizzare i corridoi umanitari appositamente allestiti per poter farli sfuggire ai devastanti combattimenti e bombardamenti a tappeto e guadagnare così la salvezza. Questa ultima decisione dei guerriglieri dell'Isis dimostra, un'altra volta, la ferocia disumana di questi militanti che, non a caso, sono sempre disposti a immolarsi per la loro causa. Sono infatti dei combattenti che non attribuiscono nessun valore alla loro vita (vedi i loro ripetuti attentati suicidi dovunque nel mondo), immaginarsi che peso sono disposti a dare alla vita degli altri.
In politica internazionale, scrive Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi, non contano le buone intenzioni ma i risultati (e quindi l'adeguatezza dei mezzi per ottenere tali risultati). È, questo, un principio, non solo enunciato da Machiavelli ma anche praticato, in tempi più recenti, da quel genio delle relazioni internazionali che è stato a lungo Henry Kissinger. Nei rapporti internazionali infatti vale la teoria che tra due avversari bisogna sempre scegliere l'avversario che è meno peggio. Gli Stati Uniti, ad esempio, sono cresciuti e si sono forgiati, nel secolo passato, contro il pericolo comunista, rappresentato dall'Urss e giudicato sempre, da tutti i leader politici statunitensi, di destra e di sinistra, come il male assoluto, da combattere ventre a terra, senza lasciargli tregua, né spazio.
Ma quando emerse Hitler, negli Stati Uniti (pur tenendo presente che il pericolo comunista restava, per loro, pericolosissimo) si sono progressivamente resi conto (e non è stata una scoperta immediata, tipo folgorazione o rivelazione) che il nazismo era ancora più pericoloso del comunismo e del paese che lo incarnava, l'Urss. Da qui la decisione, sofferta, e ideologicamente contro natura, di allearsi con Stalin per poter riuscire a battere Hitler.
Ovviamente, abbattuto Hitler, è rimasto in piedi Stalin, contro il quale, a seconda guerra mondiale finita, gli Stati Uniti si sono battuti come non fossero mai stati alleati, in base al principio che, anziché rischiare di soccombere combattendo due nemici contemporaneamente, era meglio sconfiggerne uno per poi far fuori l'altro. Cosa che poi si è regolarmente verificata. Ma per tessere un canovaccio sanguinosamente vittorioso di questo tipo, a capo degli Stati, e soprattutto a capo dello Stato di gran lunga più forte di tutti (gli Usa di allora), ci volevano dei dirigenti politici, diplomatici e militari capaci di costruire una strategia finalizzata alla vittoria.
Ma con la presidenza Usa di Barack Obama si insediò alla Casa Bianca, non l'inevitabile realpolitik, ma il buonismo del volemose bene, che è una bella intenzione ma che per essere perseguita (ammesso che sia facile da perseguire) esige strumenti adeguati e non solo buone intenzioni . In altre parole, con Obama, prese sopravvento alla Casa Bianca «l'angelismo sterminatore», un ossimoro usato per spiegare i risultati disastrosi e disumani raggiunti con una politica incoerente e quindi incapace di rendere compatibili gli strumenti con gli obiettivi.
Obama, ad esempio, constatando che in Siria si erano sollevati alcuni rivoltosi (prevalentemente giovani universitari) da lui considerati democratici e che, nella fantasiosa euforia della primavera araba, più immaginata che praticabile, volevano far saltare il regime dittatoriale di Bashar al-Assad, si mise in testa di attaccare con essi il presidente siriano per sostituire il suo regime dittatoriale con un regime democratico. E a questo proposito, assieme agli inglesi, reinventò la farlocca teoria dei depositi di armi chimiche di sterminio di massa (l'aveva già inventata Bush ai tempi di Saddam Hussein in Iraq, come falso pretesto per abbatterne il regime con i risultati che tutt'ora sono sotto gli occhi di tutti).
L'intenzione (primavera araba come ariete da usare contro il regime Damasco) era vera in teoria ma i dati di fatto erano sbagliati. I rivoltosi contro al Assad infatti non erano i giovani democratici delle università siriane ma erano diventati, nel frattempo, gli islamisti dell'Isis che, accorrendo da tutto il mondo, avevano preso in mano la situazione e muovevano all'attacco di Damasco, non per abbattere solo al-Assad ma per creare, al posto del suo regime, lo Stato Islamico.
Il loro obiettivo, se non fossero entrate in forze le truppe russe, turche e iraniane, per contrastarli (e poi, in definitiva, per sconfiggerli) era quello di costruire il loro Stato Islamico che non si sarebbe limitato solo alla Siria ma sarebbe dilagato anche in Libano (che di fatto, già adesso, è una specie di protettorato siriano) e in Iraq.
Ma anche se lo Stato islamico si fosse limitato a conquistare la sola Siria, ciò avrebbe significato che l'Isis, che oggi è una forza temibile ma anche senza base territoriale e senza un esercito vero e proprio (basti pensare che non dispone né di una forza militare aerea, né di una marittima) avrebbe potuto dotarsi di autonome fonti di finanziamento (con le tasse e i colossali proventi della vendita del petrolio) e avrebbe potuto costruire aeroporti militari, acquistare jet militari dell'ultima generazione, usare droni professionali, ricorrere a strumenti di guerra cibernetica. Con la disponibilità di questi mezzi e di questi strumenti la sconfitta dell'Isis e la resa finale di Baghouz non sarebbe avvenuta. I miliziani infatti sono stati sconfitti perché dispongono di un esercito di soldati feroci ma dotati di mezzi da dilettanti. Essi infatti sono stati bombardati da cielo per mesi e mesi, con mezzi tecnologicamente avanzatissimi, senza, di fatto, potersi difendere.
Quindi se lo Stato Islamico non ha visto la luce, dobbiamo dire grazie, non ad Obama ma, purtroppo, a Putin, Erdogan, al-Assad e ai mullah iraniani, tutti personaggi da prendere con le pinze, pericolosissimi. Ma molto meno pericolosi dei guerriglieri dell'Isis qualora questi fossero riusciti a costruirsi quello Stato che Barack Obama, in una condizione di cecità assoluta, avrebbe messo loro a disposizione con esiti devastanti, non solo per il Medio Oriente ma anche per il mondo intero.