Palazzi & potere
C’era una volta un rottamatore

Una carezza a Pier Luigi Bersani, un buffetto a Piercamillo Davigo, un regalino a Susanna Camusso, una pacca sulle spalle adirate della diplomazia di carriera. E sempre più Matteo Renzi accentua carnali e ondulanti lusinghe, a tutti offre un suo inedito lato convesso, "sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire": dove c' era un conflitto cali come un velo la pace, scrive il foglio. Una fase nuova dopo i botti e le botte della rottamazione, dopo il fraterno accoltellamento di Enrico Letta, dopo la riforma del mercato del lavoro, dopo la baldanza delle fiducie pretese e conquistate tra i fischi e i lazzi della sinistra.
Eppure il presidente del Consiglio, mentre si dispone a far violenza alla propria natura spavalda, è seduto sulle puntine da disegno, non sugli allori. Se infatti dall' Europa, che un tempo lo guardava con occhi tra lo scettico e l' ironico, parvenu scarsamente alfabetizzato, adesso giungono invece attestati di stima, di sostegno, diretti e indiretti, potenti come le concessioni sulla flessibilità e come la promessa d' un endorsement politico da parte di Angela Merkel e di David Cameron, e se insomma all' esterno tutto il campo sembra sgombro e favorevolmente disposto, lo stesso non si può dire del fronte interno, quello italiano. Per ogni carezza che fa, Renzi ha l' impressione di ricevere uno schiaffo: dalla minoranza del Pd, dai giudici, dal sindacato. E d' altra parte, qualcuno tra i suoi amici più antichi, tra gli uomini e le donne delle prime e quasi clandestine Leopolde, qualcuno come Davide Serra, ma non solo, è tornato a suggerirgli di mandare tutti al diavolo: troppi nemici, troppi ingrati, troppi fronti aperti, "meglio le elezioni che uno stillicidio".