Cameron si dimette, lasciandoci il populismo in eredità
Donald Trump, candidato repubblicano alla Casa Bianca, ha salutato la Brexit dal suo nuovo golf resort di Aberdeen in Scozia, definendola “una grande cosa”. Una congiuntura astrale micidiale che ben fotografa la situazione attuale, con il campione del populismo che sale in cattedra proprio nel giorno in cui l’Unione Europea diventa più vulnerabile, con grande piacere degli americani. Tutto ciò lo dobbiamo al premier britannico David Cameron, che sarà ricordato nella storia d’Europa come colui che ha distrutto il sogno di una generazione di europei, cancellando un pezzo importante di quel disegno politico-economico appena nato.
E la cosa peggiore è che lo ha fatto non perché ci credeva - era infatti apertamente schierato per il “Remain” del Regno Unito nell’UE - ma per mero calcolo politico. Durante la campagna elettorale del 2015, infatti, aveva promesso che se fosse stato rieletto (com’è successo) avrebbe indetto una consultazione sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. Cosa che non era obbligato a fare. A suo merito va detto che ha mantenuto la parola. Ciò nonostante, il premier - che ha appena annunciato le proprie inevitabili dimissioni - ha giocato con forze più grandi di lui e della stessa Gran Bretagna, e ne è stato sopraffatto.
Il suo comportamento azzardato e politicamente cieco ha minato forse definitivamente le certezze europee e spalancato le porte alle non poche forze centrifughe in seno all’UE: pericolosi nazionalismi e correnti populiste, ora quanto mai galvanizzate dalla vittoria del “Leave”, da oggi saranno ancor più incoraggiate a sferrare nuovi attacchi all’integrità delle istituzioni europee. Tutto questo Cameron lo ha fatto senza pensare davvero alle conseguenze che quel gesto - sia pur legittimo e democratico - avrebbe comportato. Lui e il suo paese subiranno per primi le conseguenze di questa scelta, certo, ma non saranno gli unici. Perciò, allacciamoci le cinture di sicurezza.
Oltre al disastro-Brexit, David Cameron ha anche un’altra colpa. Già, perché con la sua sconfitta ha inconsapevolmente elevato a giganti quei discutibili e francamente sconcertanti personaggi politici che, con i loro partiti estremisti e il malpancismo da bar dello sport, adesso vorranno calare sull’Europa per farne scempio.
Le élite culturali del passato, che avevano governato l’Europa per due secoli seguendo il mito illuminista del progresso, ci avevano lasciato in eredità un’impalcatura istituzionale da sviluppare sulla base di principi e ideali che però nessuno all’alba del nuovo millennio ha saputo raccogliere. I loro grandi propositi non hanno attecchito e così oggi ci ritroviamo ostaggio della mala pianta populista, che non potrà che generare pericolosi innesti xenofobi e autoritari, perché essa si nutre da sempre di bassi istinti e poca razionalità.
Presto vedremo se le forze più moderate d’Europa ci riporteranno nei binari dell’unità d’intenti eurocentrica o se invece deraglieremo tutti quanti sotto la spinta dell’euroscetticismo. Ironia della sorte, adesso sarebbe bene fare nostro il più celebre dei motti inglesi: “Keep calm and carry on”.
Luciano Tirinnanzi,
Direttore Lookout News (G-Risk company)