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CORONAVIRUS, VINCITORI E VINTI CON L’ITALIA VASO DI COCCIO

Renato Brunetta

CORONAVIRUS: VINCITORI E VINTI CON L’ITALIA VASO DI COCCIO IN MEZZO A TANTI VASI DI FERRO. E SARÀ SOLO COLPA NOSTRA

Quanti punti di Pil perderanno l’Italia e gli altri paesi nel 2020? E di quanto rimbalzerà l’economia nazionale nel 2021? A quanto saliranno i nostri rapporti deficit/Pil e debito/Pil, considerando anche i costosissimi interventi che il Governo dovrà mettere in campo per fronteggiare la crisi? Fare previsioni in economia, si sa, è sempre molto difficile. Lo è, a maggior ragione, questa volta, dal momento che l’aleatorietà che circonda non solo l’economia ma anche le nostre società è molto elevata. Non si sa ancora con quale tempistica, ad esempio, il lockdown sarà superato, con quale gradualità e quando il tessuto produttivo tornerà a funzionare a pieno regime. Per questi motivi, la precisione delle stime economiche ed econometriche, che anche da queste variabili dipende, non può che essere molto bassa. Vediamo comunque di provare a fare qualche riflessione sulle prime valutazioni disponibili.

Guardando le previsioni elaborate ad oggi da alcuni noti istituti di ricerca, notiamo che questi sono concordi nel ritenere che il Pil italiano scenderà di più del -10,0% su base annuale nel 2020, per effetto di un calo marcato nei primi due trimestri dell’anno, che ci dovrebbe essere una graduale ripresa a partire dal terzo trimestre e che l’economia rimbalzerà fortemente nel 2021, anche se con un rimbalzo non sufficiente per recuperare la perdita del 2020. Ad esempio, Goldman Sachs stima un calo del -11,6%, UniCredit del -15,0% e Mazziero Research del -10,0-14,0%, con cali nel secondo trimestre superiori al -20,0%. Poi nel 2021 ci dovrebbe essere un rimbalzo del +7,9% per Goldman Sachs. Il Pil europeo, sempre secondo Goldman Sachs, dovrebbe scendere del -9,0%, quello tedesco del -8,9% e quello francese del -7,4%. Per la finanza pubblica italiana il 2020 dovrebbe essere un salasso, con un rapporto deficit/Pil che dovrebbe salire al 5-8%, rispetto all’1,8% del 2019 e il rapporto debito/Pil  fino al 160,0%, dal 135,0% attuale, secondo le stime di Mazziero Research. Un valore che potrebbe convincere le agenzie di rating ad effettuare il downgrade sovrano dell’Italia, già dalle prossime pagelle primaverili, con le prevedibili conseguenze.

L’impressione generale è che ci saranno, come in una economia di guerra, dei vincitori e dei vinti, e si assisterà ad una redistribuzione della ricchezza e del reddito sia tra i vari paesi europei ed extraeuropei, che all’interno del nostro paese.I paesi del Nord Europa usciranno rafforzati relativamente a quelli del Sud, perché il loro Pil e la loro ricchezza scenderanno meno e le loro finanze pubbliche peggioreranno, ma meno rispetto a quelle del Sud. Di converso, il loro rimbalzo sarà presumibilmente maggiore, con diffusi aumenti di alcune egemonie settoriali, sia industriali che finanziarie. Alcune filiere produttive (e questo sarà un bene per noi), come quella alimentare, usciranno meglio dalla crisi rispetto ad altre, come quella del commercio non food al dettaglio, dell’abbigliamento, del turismo, dei grandi beni di consumo che dovranno subire pesanti perdite e rallentamenti.Il sistema dei prezzi potrebbe completamente saltare e così l’inflazione potrebbe riprendere a correre. Le aziende saranno obbligate a ripensare ai loro sistemi di logistica e di trasporto, con i colli di bottiglia che si creeranno. Saranno in discussione la loro finanza e la loro patrimonializzazione.

Anche il mercato del lavoro non potrà non subire rilevanti scossoni tra settori, tipologie contrattuali, salari e produttività relative. In altri termini, le filiere produttive che hanno resistito meglio manterranno occupazione, massa salariale e quote di mercato. Quelle che hanno chiuso per lunghi mesi perderanno inevitabilmente fatturato, quote di mercato e occupazione e probabilmente vedranno al loro interno una spaventosa selezione naturale. I vincitori cattureranno i perdenti, e si realizzerà forse la più vasta redistribuzione del potere capitalistico tanto a livello geografico, quanto a livello settoriale. In tutto questo, il timore è che il nostro paese faccia la fine del tradizionale vaso di coccio in mezzo a tanti vasi di ferro.E sarà solo colpa nostra e non del virus.