Palazzi & potere
Eurogruppo: meglio un accordo che una rottura
Eurogruppo: meglio un accordo che una rottura. Magra consolazione a fronte di generici impegni ma neanche un euro stanziato
L'unico lato positivo della lunghissima riunione dell'Eurogruppo di ieri è stato il raggiungimento di un accordo. Cosa non scontata, date le premesse che si erano create, con i paesi del Nord restii a qualsiasi concessione nei confronti di quelli del Sud. L'ennesimo scontro tra "cicale" e "formiche" sembrava essersi riproposto. Una rottura sarebbe stata una tragedia, come segnale politico e messaggio suicida ai mercati. Per fortuna l'accordo c'è stato, con Olanda e Germania che sulle risorse necessarie per risolvere la crisi economica e finanziaria dell'Eurozona hanno deciso (non si sa ancora fino a che punto) di fare un passo indietro. Concessioni (limitate, ma meglio di niente) sono state fatte sulla condizionalità nell'utilizzo dei fondi MES, come aveva chiesto l'Italia, e sulla creazione di un Recovery Fund da 500 miliardi di euro, come proponeva la Francia. Nella dichiarazione finale dei ministri delle finanze dell'Eurogruppo si legge che su queste misure l'accordo è stato trovato e sarà discusso nel prossimo Consiglio Europeo della settimana prossima che, presumibilmente, confermerà l'accordo.Il lato negativo, invece, è che non esiste un solo euro reso disponibile dall'Unione Europea ad oggi. L'accordo, infatti, ha riguardato dei meri intenti, delle proposte future, ma nessuna risorsa finanziaria è stata messa sul piatto immediatamente. Per accedere al MES gli Stati membri dovranno fare sempre esplicita richiesta e concordare le condizioni con l'istituzione. Il testo di ieri sera appare addirittura peggiorativo della bozza di martedì scorso, nella quale appariva il riferimento a “altri costi economici” relativi alla crisi. Per il resto chiusura totale. Woepke Hoekstra, il ministro delle finanze olandese, è stato chiarissimo: “L'ESM può fornire aiuto finanziario a paesi senza condizioni per le spese mediche. Fornirà inoltre supporto economico, ma con condizioni. Questo è corretto e ragionevole”. In ogni caso, l'Italia, con il ministro dell'economia Gualtieri, ha già dichiarato di non volerlo usare.Anche l'altra istituzione finanziaria già esistente in Europa, la BEI, rimane com'è, con la sua possibilità di indebitarsi, ma senza avere la certezza che lo farà e, se lo farà, a quali condizioni. Anche a questo riguardo nulla è stato detto sul costo dell'indebitamento per i singoli paesi. Sarà un costo "europeo", rispetto a un merito di credito alla tedesca, o un costo legato al rating dei singoli paesi più o meno virtuosi?Poi, sullo sfondo, c'è il fondo per la ristrutturazione e la ripresa. Una bella idea ma che nessuno, ad oggi, sa dire come sarà attuata. Con quali tempi, con quale forma istituzionale (ricordiamo che per la creazione di nuove istituzioni comunitarie è necessario un trattato intergovernativo, con i relativi tempi per la sua scrittura, negoziazione, approvazione e ratifica da parte dei singoli stati), con quale strumento finanziario avverrà l'emissione, dal momento che Germania e Olanda hanno categoricamente smentito la loro volontà di mutualizzare il loro debito. Perché nuovo debito è esattamente quello che rappresenta il Recovery Fund. Chi garantirà questi 500 miliardi di euro? L'Europa virtuosa, e quindi ad alto merito di credito e a basso costo, o i singoli Stati, ciascuno con i suoi rendimenti? Nelle conclusioni di ieri nulla è stato scritto a riguardo. Se anche se si riuscisse a emettere Eurobonds (ma Angela Merkel lo ha escluso categoricamente), la situazione non cambierebbe affatto.Il mercato richiederebbe comunque uno spread molto alto, motivato dal fatto che il rimborso del debito avverrebbe “pro-quota” (per esempio 50% Italia, 40% Francia, 10% Germania). Le probabilità di rimborso sono, quindi, condizionate al livello del debito pubblico e del relativo merito di credito dei singoli Stati. Con i loro relativi rating, che influenzerebbero i rendimenti d'emissione. Senza la garanzia delle solide finanze tedesche e olandesi, il rating sarebbe quindi soltanto leggermente migliore a quello dei nostri BTP. Avremmo quindi di fronte degli strumenti concorrenti ai nostri nazionali, che vedrebbero aumentare anch'essi i loro rendimenti per non essere spiazzati dai primi. È inutile fare una nuova figura da incompetenti davanti ai mercati. Se Germania e Olanda non sono d’accordo sulla mutualizzazione del nuovo debito relativo al Recovery Fund, non ci sono davvero alternative: ogni Stato dovrà provvedere al maggior indebitamento per far fronte ai costi della crisi con il proprio debito, i propri titoli di Stato, il proprio merito di credito figlio del proprio rating. Nella speranza che le grandi banche d'affari continuino ad acquistarli a rendimenti ragionevoli, considerando che il Quantitative Easing della BCE scadrà a fine anno e che le agenzie di rating potrebbero effettuare il downgrade sovrano del debito italiano già dalla fine di questo mese, considerando che il nostro debito dovrebbe salire fino al 160,0% del Pil nel 2020. A loro spetterà valutare se questo livello sia sostenibile, mentre Francoforte farebbe meglio a prepararsi, modificando le guidelines del suo programma d'acquisto di titoli sovrani, accettando anche titoli declassati a junk, in questo momento esclusi dal perimetro dei titoli acquistabili. Questo è un tema centrale da trattare immediatamente.Se questo è il quadro europeo, non del tutto esaltante, la situazione interna appare, se possibile, messa ancor peggio. Manca qualsiasi quadro programmatico, il Governo naviga a vista, con provvedimenti di contrasto agli effetti della crisi tanto complicati, quanto impotenti. A questo riguardo sarebbe bene sapere subito l’entità del prossimo scostamento di bilancio che il Governo intende portare alle Camere. Siamo sull'ordine di nuovi 25 miliardi, come da indiscrezioni dei giorni scorsi, o di almeno altri 75 come chiesto dalle opposizioni? Sarebbe utile saperlo subito, perché è già tardi. È da questo livello dello scostamento che si traccia la strada reale di intervento per erogare liquidità alle imprese e ai lavoratori, perché ad oggi non è arrivato un euro. Senza questa cifra da far votare al più presto, il Governo non è credibile. Lo ripetiamo: avevamo chiesto 100 miliardi di scostamento complessivi e ne sono stati approvati timidamente appena 25. Pochi, pochissimi. Invece di parlare di fantamiliardi e moltiplicatori, ora che il quadro europeo, pur in mezzo a mille contraddizioni, si sta delineando, con poche luci e tante ombre, è giusto pretendere di conoscere la cifra che Conte & Co. intendono stanziare per sostenere e salvare l’economia del Paese. Noi di Forza Italia assieme a tutto il centrodestra abbiamo chiesto 100 miliardi, per sostenere gli effetti negativi del lockdown e permettere all’Italia di ripartire appena accenderà i motori. Basta giochetti, nozze con i fichi secchi, partite di giro, vuoti annunci e opposizioni di fatto silenziate. La misura è colma.