Palazzi & potere

Gli assi (fuori) dalla manica di Francia e Germania

Durante l’incontro bilaterale franco-tedesco tenutosi a Parigi lo scorso 13 luglio, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Angela Merkel hanno messo in cantiere una serie di iniziative comuni nel campo della difesa. Si tratta innanzitutto di un messaggio politico rilevante, a dimostrazione della crescente cooperazione franco-tedesca, la quale sta assumendo sempre più forma e concretezza all’interno delle dinamiche europee. La situazione sul campo sembra, quindi, poter evolvere e consolidarsi rapidamente, anche se andrà verificata la reale volontà e capacità della Germania di cambiare faccia sul tema della difesa, mentre sullo sfondo rimane ancora incerto il ruolo della Gran Bretagna anche dal punto di vista tecnologico e industriale.

Le iniziative di cooperazione tra Parigi e Berlino.


Come si legge nel dossier preparato dall’Eliseo, la cooperazione tra Parigi e Berlino si svilupperà attorno a diversi temi, da quelli a carattere istituzionale – come la cooperazione strutturata permanente – a quelli più operativi, passando per quelli di natura industriale e tecnologica – come il fondo europeo per la difesa, lo European Defence Industrial Development Programme (Edidp) e la Coordinated Annual Review on Defence (Card).

Questi ultimi, in particolare, comprendono altresì il rafforzamento di alcune capacità militari e riguardano: lo sviluppo di una nuova generazione di sistemi terrestri e di pattugliamento marittimo, la partecipazione al programma Eurodrone, lo sviluppo – ed è qui che molte delle attenzioni si stanno concentrando – di una nuova generazione di velivoli da combattimento, il settore elicotteristico e missilistico, lo spazio, l’ambito cyber e, infine, una strategia comune in materia di innovazione e ricerca tecnologica applicata alla difesa. I ministri della difesa dei due Paesi si incontreranno a ottobre e a dicembre 2017 per monitorare i relativi progressi e sviluppi mentre lavoreranno per coordinare le rispettive politiche di controllo delle esportazioni di prodotti militari.

“A European air combat system”.


Desta particolare curiosità e interesse l’avvio di un nuovo programma volto a sviluppare – come si legge nella comunicazione, peraltro priva di ulteriori dettagli – a European air combat system per sostituire l’attuale flotta di velivoli da combattimento. Un programma sotto la leadership dei due Paesi coadiuvato da una tabella di marcia che Berlino e Parigi si sono impegnati ad elaborare entro la metà del 2018. Il peso di questa decisione va al di là della tipologia di sistema che si vorrà sviluppare e operare per i prossimi 40/50 anni: Francia e Germania riconoscono il carattere strategico dell’industria aeronautica militare sia in termini di volumi che di innovazione tecnologica e si pongono in prima linea per preservare e alimentare un settore chiave per l’industria europea della difesa.

Al momento però il mosaico dei programmi in corso appare disarticolato, con programmi a livello nazionale, europeo e internazionale. Ad esempio, Berlino sta lavorando al Next Generation Weapon System (NGWS) per sostituire i Tornado intorno al 2035 mentre Parigi potrebbe essere intenzionata a sostituire la sua flotta di Mirage 2000 intorno allo stesso periodo.

Che la capacità di trasporto di armamento nucleare sia una necessità e un obiettivo comune da perseguire tra Francia e Germania, magari nel lungo termine? Che questo sia solo l’inizio per una discussione più ampia sul tema del nucleare tra i due Paesi? Il ciclo di vita sia del Rafale che l’Eurofighter, attraverso adeguamenti e modifiche, potrebbero essere prolungato affinché l’eventuale nuovo sistema possa operare a fianco dei due velivoli attualmente in uso dalle rispettive aeronautiche. Mentre il Future Combat Air System tra la francese Dassault e la britannica BAe potrebbe rimanere schiacciato o rivisto radicalmente, Svezia e Spagna potrebbero potenzialmente essere interessate a partecipare all’iniziativa franco-tedesca.

L’eventuale spazio per Regno Unito e Italia.


In questo contesto c’è spazio per Regno Unito e Italia, ovvero gli unici due Paesi coinvolti prima con il Tornado, poi con l’Eurofighter e, ora, nel programma F-35? Se per il Regno Unito, come molti sostengono, la partita si fa sempre più incerta con la tentazione di cadere esclusivamente nell’orbita a stelle e strisce americana o in altre sulla sponda del Pacifico, per l’Italia è il tempo delle scelte, anche eventualmente difficili: ovvero identificare in maniera intelligente su quali settori e programmi puntare sulla base delle proprie reali capacità industriali e tecnologiche, delle risorse finanziarie a disposizione così come delle esigenze ritenute strategiche in termini di capacità militari.

Potrebbero emergere delle finestre di opportunità affinché Roma possa collaborare con il duo franco-tedesco – come sta già avvenendo con l’Eurodrone – con pragmatismo e consapevolezza. L’ambito spaziale, cyber, missilistico e dell’innovazione tecnologica potrebbero essere aree da esplorare o quantomeno sviluppare all’interno di una riflessione più articolata a livello europeo.

Sempre in tema F-35, l’avvio di un programma franco-tedesco sembrerebbe escludere l’opzione JSF per la Germania, nonostante la recente richiesta di Berlino inviata agli Stati Uniti di ricevere informazioni riservate relative al velivolo americano per condurre, come si evince da indiscrezioni di stampa, “una valutazione approfondita delle soluzioni di mercato disponibili nel corso dell’anno”.

Trovare la quadra a livello europeo.


È certamente un programma ambizioso, articolato e complesso, auspicabilmente inclusivo alla partecipazione di altri Stati membri interessati; non fosse altro perché dal punto di vista finanziario, industriale e tecnologico, una collaborazione esclusivamente bilaterale – benché formata da due pesi massimi – non sarebbe sufficiente a garantire il successo dell’iniziativa. Bisognerà, quindi, vedere come la proposta rientrerà all’interno dei nuovi strumenti europei, ovvero il fondo per la difesa e la cooperazione strutturata permanente, affinché tutte le iniziative in corso e future, nonché gli interessi degli Stati membri trovino una loro coerenza dal punto di vista politico, strategico, militare e industriale.

Benché i rischi siano dietro l’angolo – basti ricordare l’avventura dell’A400M per farsi un’idea – la sensazione è che Parigi e Berlino stiano scommettendo sull’Europa, voltando le spalle a Londra (e a Washington), e facendo un ulteriore passo in avanti verso quell’autonomia strategica tanto decantata – con diverse sfumature – nelle capitali europee e a Bruxelles.

 

Alessandro Ungaro, Istituto Affari Internazionali