Tragedia terremoto impone dei doveri. Ma non sia “exit strategy”
E’ non solo comprensibile ma doveroso che l’attenzione generale sia da giorni concentrata sul post-terremoto. Lo impongono la pietas verso i morti e i precisi doveri che abbiamo verso i vivi: sostenere chi ha perso tutto, e - finalmente - mettere in campo politiche che favoriscano la prevenzione.
Per quel che vale, nei giorni scorsi, proprio qui su Affaritaliani ho avanzato le mie proposte fiscali: non si tratta, a mio parere, di imporre obblighi, di massacrare proprietari di immobili che sono già ipertassati, ma - al contrario - di usare la leva fiscale per incentivare la messa in sicurezza degli edifici. Guai se invece la pur nobile spinta emotiva di questi giorni si traducesse in una sorta di “nuova Imu” (variamente presentata o mascherata), di un’ulteriore tassazione a carico dell’80% di famiglie italiane proprietarie di una casa, accompagnata da altri oneri e appesantimenti burocratici.
Ma avremo tempo di parlarne. Quel che oggi mi importa sottolineare è che il pur doveroso dibattito post-terremoto non deve trasformarsi in una specie di comoda “exit strategy” (per certa politica e certi media) utile a dimenticare gli altri problemi italiani: tasse, spesa, debito, banche, immigrazione, eccetera.
Non vorrei che (per alcuni in buona fede, per altri in modo più calcolato e malizioso) l’obiettivo divenisse quello di stendere un velo su questi cancri italiani, di rinviare ancora il tempo delle decisioni su questi fronti, e di cavarsela chiedendo ancora qualche altro “zero virgola” all’Europa.
Sarebbe un imbroglio. Poco rispettoso e perfino insultante verso le vittime del terremoto. Oltre che una speculazione crudele verso le generazioni future: quelle che - domani - pagheranno il debito e che - oggi - non possono votare né scioperare né partecipare ai talk-show televisivi.
Daniele Capezzone
Deputato Conservatori e Riformisti
d.capezzone@gmail.com
@capezzone