VITTORIO PEZZUTO: CONTROINCHIESTA SUL CASO MARTA RUSSO
UN VIAGGIO TERRIFICANTE (MA ILLUMINANTE) NON SOLO NELLA GIUSTIZIA ITALIANA: MA NELLA POLITICA CHIACCHIERONA, NEL GIORNALISMO MANETTARO E SUPERFICIALE, NELL’EDITORIA SENZA CORAGGIO.
DI MEZZO, UNA POVERA RAGAZZA UCCISA. MA ANCHE LE PERSONE OGGETTO DI UN’INCHIESTA (A DIR POCO) CARICA DI DUBBI: LE LORO VITE STRAVOLTE, RACCONTATE CON INTELLIGENZA E RISPETTO DALL’AUTORE.
Riprendono le recensioni di Giuditta’s files. Quest’oggi ci occupiamo di “Marta Russo – Di sicuro c’è solo che è morta”, di Vittorio Pezzuto (2017, Amazon).
Doppia doverosa premessa. La prima: Vittorio Pezzuto è un caro amico, ne ho a lungo condiviso l’impegno civile e politico, ne ho apprezzato l’opera giornalistica, e soprattutto ho ammirato quel vero capolavoro (non a caso, pluri-saccheggiato da presunti grandi raccontatori e narratori televisivi) che è stato il libro Applausi e sputi, la più documentata e straziante analisi della vicenda giudiziaria, politica e umana di Enzo Tortora. La seconda: sono da sempre convinto dell’innocenza di Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, riconosciuti invece colpevoli dalla giustizia italiana, a seguito del caso di Marta Russo, la studentessa uccisa il 9 maggio del 1997 nei vialetti dell’Università La Sapienza di Roma.
Ma mettete da parte questi miei pre-giudizi, e (davvero: è un invito e insieme un “volantinaggio”) leggete l’ultima fatica di Pezzuto, frutto di cinque anni di lavoro. Si tratta di una monumentale controinchiesta, che in un paese normale avrebbe già gettato le basi per la riapertura anche giudiziaria del caso.
Pezzuto ha scelto come titolo il famoso incipit dell’articolo che il grande Tommaso Besozzi scrisse su L’Europeo sulla morte del bandito Giuliano (“Di sicuro c’è solo che è morto”): ecco, per la povera Marta Russo, vale qualcosa di molto simile.
E’ un viaggio terrificante (ma insieme illuminante) non solo nella giustizia italiana, ma anche in una politica chiacchierona (già allora, ansiosa di dichiarazioni fini a se stesse, di presenzialismo inconsistente, di banalità, e ovviamente di giustizialismo anche da parte di chi – in altri contesti – predicava garantismo), di un giornalismo manettaro e superficiale (rileggere la brutalità e la faciloneria di certi giudizi illumina le caratteristiche di alcune “grandi firme”: per il presente e per il futuro, non solo per il passato), e anche di un’editoria priva di coraggio che ha a lungo rifiutato la pubblicazione del libro, e con patetiche scuse ha declinato la proposta di Pezzuto (pur reduce da un indiscusso successo editoriale!), fino alla scelta liberatoria di pubblicare il volume su Amazon.
Il libro si raccomanda da sé, e merita successo per varie ragioni:
-un certosino lavoro di classificazione e riordino di un materiale enorme e magmatico;
-la cura chirurgica nel recuperare i peggiori misfatti di "giornalisti" e "opinionisti", rendendone bene il misto di sensazionalismo, improvvisazione, sciacallaggio: Pezzuto li definisce bene "turisti del mistero";
-la denuncia forte di una "giustizia" descritta da un’agghiacciante considerazione di Ferraro, all’epoca avviato alla carriera universitaria ("ho insegnato qualcosa che non esiste");
-la scelta di citazioni davvero appropriate di Longanesi per punteggiare il tema di ciascun capitolo;
-il modo in cui Pezzuto spiega il meccanismo di "costruzione dei mostri”, con la dignità, il decoro personale, il riserbo e il self-restraint dei due accusati che si tramutano in altrettanti capi d'accusa aggiuntivi ai loro danni.
Non dimentichiamo che si tratta forse del primo caso recente di processo mediatico. O comunque, se non del primo caso, del caso che ha indubbiamente aperto una nuova fase: con intere trasmissioni televisive e mesi di “inchieste” giornalistiche ossessivamente dedicate alla questione, tutte o quasi in ottica colpevolista a prescindere, e un dispiegamento di mezzi mediatici senza precedenti.
Aggiungo tre elementi assolutamente non scontati, vista la gran mole del lavoro:
-una scrittura sempre curatissima, con un registro che resta limpido e pulito lungo tutto il saggio;
-una ammirevole "empatia" nei confronti di tutte le figure deboli e colpite (a partire dalla vittima, ovviamente), delle quali l’autore rende molto bene il punto di vista;
-il fatto che, pur dinanzi a una cavalcata così lunga e carica di dettagli, Pezzuto riesca a mantenere l'attenzione del lettore vivissima fino alla fine.
Nonostante tanti boicottaggi, questo libro merita di essere letto, compreso e meditato a lungo. Anzi, quei boicottaggi offrono una ragione di più per apprezzarlo. Alla fine della lettura, resta solo un …problema: sentirsi sicuri e a proprio agio in questa Italia.
Daniele Capezzone