Politica
Patto Meloni-Tajani: sì a Ursula-bis. Lega a destra ha spazi (ma anche guai)
Commissario europeo a FdI: Fitto vorrebbe farlo, ma Meloni non lo vuol mollare. Probabilmente sarà Urso
Salvini ha pronta una trappola per Meloni: patto anti-inciucio in Europa. Preoccupazione a Palazzo Chigi
Nulla accade per caso. Anche e soprattutto in politica. Perché né Giorgia Meloni né Antonio Tajani, seppur sollecitati da Affaritaliani.it, hanno risposto alle parole durissime di domenica scorsa di Matteo Salvini, alla convention di Identità e Democrazia a Firenze, quando il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture ha parlato di "errore fatale dividersi in Europa"?
La risposta è molto semplice. Sia la presidente del Consiglio sia il ministro degli Esteri, che hanno stretto un patto sostenuto dalla famiglia Berlusconi e da Gianni Letta (con il via libera informale del presidente della Repubblica Sergio Mattarella), sosterranno l'Ursula bis, ovvero un secondo mandato di Von der Leyen alla guida della Commissione europea. O, in alternativa, di Roberta Metsola, attuale presidente del Parlamento europeo e anche lei espressione del Partito Popolare Europeo, dato da tutti i sondaggi come prima forza anche nel nuovo EuroParlamento. Da FdI silenzio totale, dagli azzurri i colonnelli (non Tajani) hanno ribadito la solita linea: no con Afd e Le Pen ma sì alla Lega. "Forza Italia è parte integrante del Partito Popolare Europeo: siamo europeisti e quindi i partiti non europeisti non possono essere in maggioranza con noi", scandisce il capogruppo di FI alla Camera, Paolo Barelli. Toni comunque bassi per non dare spazio a Salvini di contrattaccare e denunciare l'inciucio europeo, come ha già fatto sparando su Metsola (mentre a Palazzo Chigi incontrava la premier).
Meloni ha capito che non può stare all'opposizione dell'esecutivo di Bruxelles, nonostante questo comporti dividere i Conservatori e Riformisti di ECR che, ad esempio i polacchi, resteranno all'opposizione visto che nella maggioranza, oltre ai liberali di Emmanuel Macron, ci sarà anche il Pse del Partito Demmocratico di Elly Schlein. Un boccone amaro da digerire, certo non per Forza Italia, abituata in Europa alla convivenza con i socialdemocratici, quanto per Fratelli d'Italia. Ma i dossier sul tavolo sono troppi: riforma del Patto di Stabilità, legato al nodo del Mes ancora non ratificato dall'Italia, questione migranti, politiche monetarie della Bce, unione bancaria e attuazione del Pnrr con le prossime tranche da non perdere.
La premier in campagna elettorale non dirà mai che si alleerà con la sinistra, per non perdere voti verso la Lega, ma, dopo il voto, spiegherà la sofferta scelta come un patto, con Tajani e il Ppe, per "salvare l'Italia", visto anche il rallentamento dell'economia con la Germania in recessione. Ovviamente il prossimo commissario europeo sarà di Fratelli d'Italia. Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, il ministro Raffaele Fitto ci terrebbe molto, ma la premier non vuole perderlo in un ruolo chiave nel governo e nelle interlocuzioni con Bruxelles. E quindi, probabilmente, la scelta cadrà su Adolfo Urso.
E Matteo Salvini? La sua strategia è chiara: continuare a denunciare l'inciucio, a invocare il Centrodestra unito anche in Europa per poi giocare la carta della coerenza in campagna elettorale. E infatti mentre Meloni flirta con Ursula, Salvini non risparmia bordate e siluri. Uno spazio a destra lasciato libero da FdI in chiave neo-democristiana che fa sperare all vicepremier e segretario del Carroccio di superare il 10% e puntare verso il 12.
Il problema, però, è che una fetta di leghisti storici, ad esempio i Governatori come Luca Zaia, Massimiliano Fedriga, Attilio Fontana, ma anche il ministro dell'Economia (draghiano) Giancarlo Giorgetti, hanno ben poco a che fare con la destra estrema tedesca di Afd e con Marine Le Pen e gli olandesi di Geert Wilders. Non solo. Tutte queste forze alleate della Lega in Europa sono centraliste e in Italia il Carroccio sta cercando di realizzare l'autonomia regionale già nel 2024, come dimostrano le reazioni al sondaggio di Affaritaliani.it. Un nodo che rischia di creare non pochi problemi alla Lega soprattutto nelle regioni del Nord proprio alle Europee del 9 giugno.
LA TRAPPOLA DI SALVINI A MELONI: PRONTO IL PATTO ANTI-INCIUCIO IN EUROPA
Ma non finisce qui. Salvini - secondo il sito Dagospia - prepara una trappola per Meloni. A Palazzo Chigi la analizzano da giorni con crescente preoccupazione. Il timore è questo: presto il leader leghista potrebbe proporre alla premier un “patto anti-inciucio” per le elezioni europee. Chiedendole, in estrema sintesi, di firmare prima del voto continentale un impegno solenne a non dare il via libera a una Commissione sostenuta dai socialisti e liberali.
"Mai con Scholz e con Macron", questo lo slogan che il leghista potrebbe scagliare contro Meloni. Massacrando i margini di mediazione della leader di Fratelli d’Italia, costretta a tenersi in bilico tra il rapporto obbligato con Ursula von der Leyen e la concorrenza spietata dell’estrema destra di Marine Le Pen e del segretario del Carroccio.
Da giorni, l’escalation verbale di Salvini mette pressione alla presidente del Consiglio. L’obiettivo è strapparle voti, ovviamente. Per adesso la situazione appare sotto controllo, ma potrebbe sfuggire di mano. I segnali delle ultime ore sono stati chiari: critiche feroci a Bruxelles, attacchi ai Popolari europei. Gli stessi con cui Fratelli d’Italia dialoga da anni, a partire da Roberta Metsola. Che non a caso sarà ricevuta domani da Meloni. E che potrebbe essere l’ospite del Ppe ad Atreju (l’alternativa è Von der Leyen).
Non è un problema da poco, questo scenario di sfida scelto dalla Lega e condensato nel “patto anti-inciucio”. Ricalca il testo sottoposto tre anni fa da Meloni agli alleati, dunque a Salvini e Silvio Berlusconi. I due, alla fine, furono spinti a firmarlo. Imponeva ai contraenti una scelta: evitare alleanze post-elettorali con la sinistra. Se si parla di Europee, però, l’impegno è più difficile da mantenere, perché più complesso è l’iter di formazione della Commissione.
Il “governo d’Europa” nasce dall’indicazione del Consiglio Ue composto dai capi di Stato e di governo dei Ventisette - a maggioranza qualificata. Con un duplice criterio: il numero di Stati membri a favore e la percentuale di popolazione che rappresentano. Superato il primo ostacolo, occorre il semaforo verde del Parlamento europeo, che si esprime a scrutinio segreto. In queste complessa procedura si inserisce la sfida “anti-inciucio” di Salvini.
Meloni, infatti, deve decidere se sostenere il nuovo presidente della Commissione (che potrebbe essere la stessa Von der Leyen o Metsola), anche a costo di votare assieme ai capi di Stato socialisti e liberali presenti in Consiglio. Il gruppo di eurodeputati di Fratelli d’Italia, poi, deve esprimersi anche nell’aula dell’Europarlamento. Anche dichiarando il proprio voto contrario, i meloniani potrebbero sempre sostenere la nuova Commissione nel segreto dell’urna. Ma è evidente il costo politico di un’operazione del genere. Che è poi l’obiettivo del leghista.
Anche per questo la presidente del Consiglio potrebbe essere tentata dall’aggirare lo scoglio promuovendo l’astensione di FdI e lasciando che a partecipare alla “maggioranza Ursula” sia soltanto Forza Italia, una galassia sempre più vicina ai meloniani.
Di concreto, per adesso, c’è soprattutto il tentativo di Salvini di sottrarre consenso agli alleati. E di costruire liste che evitino al Carroccio un risultato deludente. Per questo, il leader è al lavoro per coinvolgere ras locali e personaggi celebri capaci di coagulare preferenze. Dell’opzione di schierare il generale Roberto Vannacci si è scritto. Al Sud, poi, si punta a coinvolgere l’azzurro Aldo Patriciello: 80 mila voti nel 2019.
Si procede così, tra colpi bassi e tentativi di ricucitura. In Trentino, Lega e FdI hanno interrotto ogni relazione. Meloni e Salvini hanno mediato, nelle prossime ore è attesa una schiarita. O almeno, questo è quanto la premier ritiene che stia per avvenire, dopo la ritorsione di FdI e il conseguente congelamento del tavolo di centrodestra per le amministrative: i patti sono patti e negarli significherebbe rimettere tutto in discussione. A partire dagli accordi per le prossime Comunali e Regionali.
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