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Politica
Pd, l'alleanza con il M5S non conviene. Franceschini sbaglia, ha ragione Renzi

I giornali parlano di un dibattito interno al Pd, sul comportamento da tenere durante i tentativi per varare il nuovo governo. Di solito, queste discussioni lasciano del tutto indifferenti i lettori di giornali. “Affari loro”, si pensa. E con ragione. Ma stavolta la discussione ha riflessi teorici – etici e politologici – che trascendono l’occasione concreta.

Il problema nel Pd è stato posto in questi termini: bisogna evitare ad ogni costo un’alleanza di Lega e Cinque Stelle, per il bene del Paese, o bisogna scegliere l’opposizione? Nel secondo caso, secondo i calcoli, si mandano questi pericolosi incompetenti a sbattere il muso e si ritrova il proprio elettorato nel momento in cui si conclude la loro avventura. Per chi fosse interessato a questi particolari, la prima tesi appartiene a Dario Franceschini e ai suoi amici, la seconda tesi appartiene a Matteo Renzi e ai suoi amici.

La questione può essere discussa su più livelli. Il più futile è quello corrispondente ai portabandiera delle due tesi. In altri termini, si potrebbe scegliere o rifiutare la seconda tesi secondo che si abbia simpatia o antipatia per Renzi. Ma sarebbe un errore, perché gli interessi in gioco sono ben più importanti dei rapporti personali. Il secondo livello riguarda l’interesse del Partito Democratico. Che cosa gli conviene di più? La questione è controversa. E se è controversa per i grandi capi, figurarsi per gli spettatori. Il più interessante è però il terzo livello, quello che riguarda l’interesse del Paese.

È vero che un governo Lega-Movimento potrebbe essere assolutamente deleterio per la nazione? Infatti, se per caso quell’alleanza fosse positiva per l’Italia, non ci sarebbero dubbi: Franceschini avrebbe torto e Renzi potrebbe dire che la permanenza all’opposizione, da lui suggerita, è resa obbligatoria dalla situazione reale. Ammesso invece che quell’alleanza fosse negativa per l’Italia, si comprenderebbe la discussione. Il dubbio fondamentale diverrebbe: bisogna far prevalere l’interesse del Pd o quello dell’Italia?

E qui si apre un’altra dicotomia. Perché se per caso un’alleanza Pd-centrodestra fosse la cosa migliore per l’Italia ma lo fosse anche per lo stesso Pd, Franceschini avrebbe largamente ragione e Renzi largamente torto. Purtroppo, il vero, drammatico problema si porrebbe se si fosse convinti che l’alleanza Pd-centrodestra sarebbe un bene per l’Italia e un male per il Pd.

Questo sarebbe un dibattito degno di passare alla storia. Si sarebbe lieti di avere un Tucidide nascosto in un angolo e capace di riferirci, nel suo modo geniale, le tesi contrapposte. Infatti, chi sostenesse che bisognerebbe salvare il Paese, a costo di distruggere il proprio partito, dimostrerebbe un eroico senso dello Stato quale si è raramente visto nella nostra nazione. Diciamo eroico perché il Pd non potrebbe aspettarsi nessuna gratitudine, dai cittadini. E ciò sia perché neanche se ne accorgerebbero, sia perché, nel caso, non crederebbero al disinteresse di quei politici. Il riconoscimento dell’atto d’eroismo arriverebbe nei libri di storia, con un ritardo di decenni. Sempre ammesso che arrivasse. Ecco perché, conoscendo la mentalità pragmatica (quando non cinica) dei politici, la proposta di Franceschini è del tutto incredibile. L’interesse di cui bisogna tenere conto è soltanto quello del Pd.

Dopo tutto, se l’Italia ha votato per il M5S, e se questo Movimento, una volta al governo, provocherà disastri, non ci sarà da lamentarsene. La democrazia funziona così. Il popolo ha anche il diritto di mettersi nei guai. Né lo si può salvare contro la sua volontà, perché l’unico modo sarebbe – se fosse possibile – attraverso l’instaurazione di una dittatura.

La domanda fondamentale, a conclusione delle distinzioni che precedono, è: qual è l’interesse del Pd? Tutte le opinioni sono lecite e quella di chi scrive è che, per una volta, ha ragione Matteo Renzi. Innanzi tutto, la posizione suggerita da Franceschini potrebbe essere interpretata come ignobile volontà di partecipare al potere, anche in posizione subalterna. Poi, malgrado l’umiliazione, si potrebbe non ottenere lo scopo. Dunque è meglio che i “grillini” si scottino le dita maneggiando le leve del potere. Da un lato il loro governo potrebbe non durare, e fra poco tempo chi sarà stato all’opposizione avrà un grande vantaggio; dall’altro potrebbe durare e scontentare tutti, ed anche in questo caso il Pd ne avrebbe un vantaggio.

Ma forse la discussione rimarrà del tutto teorica, perché non è detto che il Pd abbia il potere di permettere o impedire la formazione del futuro governo.

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