Politica
Politici e vita reale, una distanza incolmabile che si riduce solo alle elezioni
La vita di un parlamentare è in una comfort zone dove i problemi non si incrociano mai
Tra gli esercizi più in voga per chi vuole trasformare la democrazia in demagogia c’è quello di chiedere a bruciapelo a un politico: “Quanto costa un chilo di zucchero?”. L’intento è quello di dimostrare – ammesso che ce ne sia bisogno – la distanza tra la politica (meglio: i politici) e la vita reale.
Due mondi paralleli, chiamati a incontrarsi solo nel momento elettorale. Prima e dopo ciascuno vive di vita propria.
Una vita senza mai toccare terra
La vita di un politico, con incarico adeguato – diciamo, un parlamentare o un assessore regionale – sembra non toccare mai terra, sospesa in una “comfort zone” dove i problemi non si incrociano, si intravvedono da lontano e riemergono, irrisolti, solo dopo che il politico è transitato e uscito dai radar dei comuni mortali.
Il caso dell'asfalto di Agrigento
Nei giorni scorsi il Presidente Mattarella ha fatto visita ad Agrigento, per partecipare alla cerimonia d’inaugurazione della capitale italiana della cultura 2025. Come nella peggiore delle tradizioni si è provveduto a rinnovare l’asfalto di tutte le strade che avrebbe percorso il Capo dello Stato, per evitare che gli ammortizzatori dell’augusta vettura presidenziale – a sostegno del suo altrettanto augusto ospite – ne avessero nocumento. Peccato che nella fretta la colata di bitume abbia coperto anche i tombini e i chiusini. Sono occorsi operai muniti di metal detector per rintracciarli, sotto la coltre di asfalto, e per farli tornare a vista.
Rendere la vita più facile a chi già vive senza affanni
C’è chi ha eccepito – magari anche a ragione – che si è configurato un danno erariale: va bene l’asfaltatura, ma i costi della ricerca dei tombini smarriti dovrebbero essere messi sul conto di qualche amministratore pubblico non adeguatamente avvertito sull’uso del denaro pubblico. Ma non credo che questo sia stato il peggiore dei mali. La cosa più assurda è che c’è un concorso di colpa nel voler rendere la vita più facile a chi già la vive senza gli affanni dei comuni mortali. Ma che bisogno c’era di correre ad asfaltare le strade di Agrigento per non far sobbalzare l’automobile del Capo dello Stato? Magari avrebbe toccato – anche se non con mano – i problemi delle strade di una città della nostra Italia, con buche e dintorni.
Finché le buche devono essere sopportate dalla vita quotidiana dei cittadini “normali” – ad Agrigento, come a Roma - poco male. Ma se devono procurare disagio a chi conta, si deve provvedere in ogni modo, sensato o insensato.
Agli italiani piace blandire il potere
Siamo un popolo avvezzo alla sudditanza, evidentemente. Ci piace blandire il potere, quindi lamentarsene rischia di essere controproducente. Stupirsi della distanza “tra noi e loro” – dove “noi” siamo noi, comuni mortali, “loro” sono coloro che esercitano poteri pubblici – non è più consentito, in queste condizioni. Facciamo di tutto per acuirla.
Uscire dal Palazzo per toccare la realtà
Ci sarebbe da augurarsi che chi esercita una funzione pubblica di rango elevato possa fare molte sorprese, molte visite senza preavviso. Certo, è difficile, per molti motivi, a partire dal doveroso presidio di sicurezza. Ma solo visitando a sorpresa le stazioni di polizia o le tenenze dei carabinieri, si potranno annotare le difficoltà reali in cui operano tantissimi servitori dello Stato. Ma potremmo dire altrettanto dei luoghi in cui si amministra la giustizia: in che condizioni si lavora tra faldoni di carte e computer che funzionano poco e male? O in molti uffici pubblici territoriali, dove pulizia e ordine sono spesso titoli senza contenuto, sarebbe bello vedere la visita a sorpresa di qualche dirigente generale, magari abituato al comfort del suo ufficio nella sede centrale. Non per sanzionare, ma per annotare il tanto che si dovrebbe fare per rendere i luoghi di lavoro – e magari di incontro con il pubblico – più dignitosi ed efficienti.
La visita a sorpresa nelle sedi periferiche e sul territorio – ne feci molte durante la mia presidenza in Inps – consente a chi guida le organizzazioni complesse di vedere senza intermediazioni narrative lo stato dell’arte. Apprendimento e programmi di lavoro vengono di conseguenza. L’appuntamento ufficiale e definito dal cerimoniale fa prevalere un senso di irrealtà che finisce per irritare di più il cittadino e rende meno efficace l’intervento.
Poco è cambiato dall'Ottocento
Dobbiamo sempre aspettare un Giubileo, un evento sportivo internazionale, una visita eccezionale per vedere raccolta la polvere sotto il tappeto. E quando si spengono le luci della ribalta tutto torna come prima, magari peggio di prima e con un senso di insofferenza maggiore. Nell’Ottocento si coniò l’espressione che opponeva Paese reale e Paese legale. Poco è cambiato, in fin dei conti, da allora.