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Province, Salvini spinge per il ritorno. Ma il dossier è in stallo al Senato

di redazione politica

Per il leader della Lega l’orizzonte è il 2024. Ma il ddl è bloccato per i dubbi sulla copertura finanziaria

Salvini rivuole le province entro il 2024, ma ci sono dubbi anche nella maggioranza

Riforme costituzionali, autonomia, ritorno delle province e poteri a Roma capitale: si tratta di dossier in qualche modo legati che saranno sul tavolo di governo e maggioranza alla ripresa dei lavori parlamentari. Tra questi è proprio il testo del disegno di legge rilanciato da Salvini e arrivato alla prima Commissione del Senato dopo il vaglio del Comitato ristretto e approvato a maggioranza, a rischiare maggiormente l'impasse. Oggi è il leader della Lega a chiedere uno sprint: "Mi chiedono di reintrodurre le Province. Io da segretario della Lega ne sono straconvinto. Le Province - ha affermato il vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture - servono per scuole e strade ed è una battaglia che spero di portare al successo. Bisogna tornare all'elezione diretta, con le competenze, la scelta diretta dei cittadini e i soldi perché altrimenti strade provinciali e scuole superiori, che devono essere gestite dalle Province, senza soldi e senza personale non hanno manutenzione". Ed ancora: "Se tornassero già nel 2024 - sarebbe segnale di efficienza".     

Il nodo maggiore è la legge elettorale. Al momento si stabilisce di agire attraverso una norma transitoria che prevede collegi unici provinciali, ma sul sistema da adottare c'è distanza tra le forze politiche che sostengono l'esecutivo e l'opposizione ma anche all'interno della stessa maggioranza. Fdi ha presentato un emendamento, a firma del presidente della Commissione Balboni, per optare sul 'Provincellum' mentre la Lega punta su un modello regionale con collegi più piccoli. Ma sullo sfondo la frenata sul dossier (c'era stata un'accelerazione a febbraio con la presentazione da parte delle forze parlamentari di disegni di legge a firma Fi, Fdi, Lega e Pd) è legata soprattutto a motivi finanziari. "Oltre le competenze sono necessarie anche le risorse", dice una fonte parlamentare che sta portando il lavoro avanti a palazzo Madama. Dal governo si è preso tempo e il tema è stato affrontato anche durante il vertice tenutosi a palazzo Chigi tra la premier Meloni, i vicepremier e i capigruppo della maggioranza. Forza Italia è sulle posizioni del partito di via Bellerio. "Si possono fare subito", il 'refrain'.

"Siamo stati i primi - dice un esponente forzista - a presentare una proposta. Le province servono, mancano sul territorio gli interlocutori che si possano occupare di scuola, strade, formazione". Intanto è una questione di tempi. "Perché - osserva un'altra fonte - se si desse mandato al ministero dell'Interno di disegnare i collegi passerebbe perlomeno un altro anno". La prospettiva, in realtà, è questa. L'iter del testo che "ridisegna la disciplina in materia di funzioni fondamentali degli organi di governo, e il sistema elettorale delle Province e delle Città metropolitane, ed altre disposizioni relative agli Enti Locali" difficilmente vedrà la luce prima della metà del 2024. Perderà, dunque, a meno di un cambio di passo, il treno per le Europee.    

Ma all'interno della maggioranza si sostiene che a settembre sarà fissato un cronoprogramma che potrebbe permettere una condivisione su tutto il pacchetto delle riforme. La spinta potrebbe arrivare da un'intesa complessiva, quindi. A partire dall'autonomia con il partito di via Bellerio che vuole il via libera prima delle elezioni Europee per poter utilizzare la battaglia in campagna elettorale. "La Lega si è convinta della necessità di puntare sul premierato - riferisce una fonte di Fdi -, ora sarà più facile trovare l'accordo su tutto". Anche sul ritorno delle province con Fdi che finora ha rallentato. "Perché le cose vanno fatte bene", dice un senatore di Fratelli d'Italia.    

Per quanto riguarda il ddl in Commissione al Senato all'articolo 6 si prevede che "il Presidente della Provincia" viene eletto "a suffragio universale e diretto, contestualmente al Consiglio provinciale". Tra le novità il ritorno dell'elezione diretta e il ripristino delle giunte provinciali. Presidente della Provincia sarà "il candidato alla carica che ottiene il maggior numero di voti, purché corrispondente ad almeno il 40 per cento dei voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato il candidato più anziano di età". Se nessun candidato realizza tali condizioni, si procede al ballottaggio, da svolgersi dopo due settimane dal primo turno. Il Consiglio Provinciale viene eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente al Presidente della Provincia. "La circoscrizione elettorale, coincidente con il territorio provinciale, è ripartita in collegi plurinominali ai quali, di norma, è assegnato un numero di seggi non inferiore a tre e non superiore a otto". È previsto uno sbarramento al 3%.