Politica
Quando il Ponte piaceva al Pd ai tempi di Bersani. Salvini: "Si fa al 100%"
Antonello Cracolici, deputato Pd siciliano all’Ars e presidente della Commissione Antimafia: "Se si fa è un’opportunità, non ci può essere ideologia"
Ponte sullo Stretto, tra opportunità e mostro da combattere
Il Ponte sullo Stretto è un’opera infrastrutturale eccezionale, sarà il ponte più lungo del mondo e collegherà la Sicilia alla Calabria e quindi all’Europa. È dai tempi degli antichi romani che se ne parla. In maniera operativa già ci pensò Ferdinando II re delle Due Sicilie a realizzare un ponte nel 1840 ma i costi dell’opera lo dissuasero. Come dicevamo la prima idea parte dagli antichi romani ma fu solo dopo l’Unità d’Italia che si cominciò a fare sul serio. La palla passò quindi ai Savoia dell’Italia unita i cui ingegneri studiarono anche i progetti di Napoleone per un tunnel sotto la Manica. Pure il fascismo si interessò al progetto nel 1934 ma l’imminente conflitto consigliò il rimando. Nel dopoguerra, a partire dal 1952, i progetti ripresero e vissero un periodo di operatività durante il cosiddetto boom economico. Nel 1971 il governo Colombo approvò la costituzione di una società di diritto privato a capitale pubblico concessionaria per il progetto. Nel 1985 l’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi dichiarò: “Il Ponte sarà presto fatto”.
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Nel 2005, durante il Berlusconi III, sembrava fatta con l’Impregilo S.p.A. che firmò ufficialmente il contratto insieme ad altre aziende a lei sottoposte. Però, poco dopo, si insediò il governo Prodi II che bloccò nuovamente il progetto su basi puramente ideologiche. Nel 2007 il governo Prodi stava per ritirare l’appalto esponendosi ad una penale di 500 milioni di euro ma l’allora ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro si oppose, insieme al centrodestra. Chi scrive era allora il Consigliere politico per le Grandi Opere Infrastrutturali del ministro Di Pietro e posso raccontare come il clima dei consigli dei ministri di allora fosse incandescente in quanto si contrapponevano due visioni opposte dello sviluppo del nostro Paese.
Da una parte c’era Di Pietro che era per sviluppare il più possibile le infrastrutture strategiche, dall’altro c’era Pecoraro Scanio portatore di quella ideologia della “decrescita felice” che produsse –e ancora produce- enormi danni al nostro Paese. L’idea base era di essere dei “no tutto” per lucrare voti in quell’area improduttiva dell’Italia che sotto la scusa dell’ecologia bloccò –e blocca tutt’ora- lo sviluppo del nostro Paese. Si arrivò addirittura a spiegare –sempre in Consiglio dei ministri- che la realizzazione del Ponte avrebbe turbato la migrazione degli uccelli e i riflessi avrebbero confuso i pesci. Pecoraro Scanio voleva chiudere definitivamente la Società Ponte sullo Stretto ma noi ci opponemmo e procedemmo ad accorpare la Società all’Anas, limitandoci solo a ridurre il numero dei dipendenti e così evitammo di pagare le penali, ma soprattutto mantenemmo in vita il progetto.
Ricordo che Di Pietro, a tal proposito, un giorno al ministero mi disse che questo avrebbe permesso “a chi verrà dopo di noi” e intendeva Berlusconi e il centro – destra, di proseguire il meritorio progetto del Ponte. E così infatti è stato. Ebbene, dopo tanti anni, ora il ministro Salvini sta andando a realizzare questo gravoso impegno che però cambierà anche la percezione geopolitica dell’Italia nel mondo. Ha frequentemente ribadito: “Il Ponte si fa al cento per cento”. Gli oppositori al progetto ci sono sempre stati. Si tratta di “professionisti del dubbio” e di luddisti determinati a riportare l’umanità all’età della pietra. Ma il Ponte non è una centrale a carbone o termonucleare, non inquina, non emette pericolosi gas di scarico. È un’opera che dà lavoro a zone a endemica mancanza. Eppure il Ponte, nell’immaginario collettivo, è il Mostro che deve essere combattuto dalla più tetra ideologia.
Al tempo di Di Pietro ministro era la stessa litania e c’era sempre Angelo Bonelli insieme allora a Pecoraro Scanio a contestare l’opera in sé, giusto per mantenere il giardinetto del consenso elettorale che ha bloccato per decenni lo sviluppo infrastrutturale dell’Italia. E nello stesso Pd c’era chi al Ponte era favorevole, gli ecologisti più illuminati e non ideologizzati degli EcoDem. Lo stesso Pier Luigi Bersani, da ministro dei Trasporti prima e dello Sviluppo economico poi, fu favorevole alle Grandi Opere. Il Pd allora aveva una visione moderna e sviluppista che ora è del tutto sparita a causa dell’infantilismo demagogico di Elly Schlein, che più che una segretaria del maggior partito di opposizione pare essere una liceale che va ad occupare le scuole.
Il Pd responsabile è stato inglobato e conquistato dal populismo rosso e arruffapopoli. Antonello Cracolici, esponente di punta del Pd siciliano e presidente della Commissione Antimafia dell’Ars ha dichiarato: “Il Ponte sullo Stretto se si fa è un’opportunità, parliamo, alla fine, di una strada e una strada non è né di destra né di sinistra, non ci può essere ideologia”, rompendo così il fronte del no ideologico. Invece, quando i politici di punta dell’opposizione si riducono a seguire la via degli Esposti significa che hanno abdicato al loro mestiere per mancanza di argomenti.