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Quirinale, Severino carta di riserva del Pd. Così Letta... Inside

di Lorenzo Zacchetti e Alberto Maggi

Una donna al Quirinale: se non ora, quando? Spunta la pista Paola Severino

Paola Severino. L'ex ministro della Giustizia del governo Monti è la carta di riserva del Partito Democratico per il Quirinale. Nel partito di Enrico Letta sanno perfettamente che dopo la bocciatura del Ddl Zan in Senato l'ipotesi Silvio Berlusconi non è da escludere e sanno anche che Paolo Gentiloni (come chiunque provenga dal Pd) non avranno mai i numeri. Allo stesso tempo, con il Presidente Sergio Mattarella che continua a escludere il bis, i 5 Stelle temono che l'ipotesi Mario Draghi al Quirinale possa portare al ritorno anticipato alle urne. Ecco dunque il nome della Severino. Una donna, punto fondamentale, e una tecnica mai iscritta a partiti di sinistra. L'unica "macchia" è quella legge che ha escluso per anni Berlusconi dalla politica attiva, ma i Dem sono convinti che possa essere un ostacolo superabile.


Una donna al Quirinale? Sarebbe certamente un segnale di enorme forza sul piano culturale, in un periodo storico nel quale di pari opportunità si parla moltissimo, ma nel concreto si fa decisamente poco. Non casualmente, i nomi femminili che (almeno in questa fase iniziale) sono stati accostati alla carica di Capo dello Stato sono piuttosto pochi. E, nonostante il valore specifico delle persone in questione, per tutte vengono delineati dei veri e propri percorsi ad ostacoli per arrivare alla meta.

LE DONNE CHE POSSONO AMBIRE AL COLLE

Liliana Segre, per la quale i colleghi de Il Fatto Quotidiano hanno aperto una campagna di sostegno, sarebbe una personalità perfettamente adatta al ruolo, ma i suoi 91 anni non sono certo il miglior viatico per il settennato. Lei stessa lo ha fatto notare in passato e poi ha ripreso il tema anche più di recente, quando, accettando l’Ordine al merito conferitole dalla Germania, ha ribadito di “sentire tutto il peso della sua età”. Come darle torto? 
La ministra Marta Cartabia, anch’essa decisamente autorevole, sta pagando il prezzo delle polemiche sulla riforma della Giustizia, circostanza che la rende particolarmente invisa al Movimento Cinque Stelle, tuttora il gruppo più numeroso in Parlamento. Maria Elisabetta Casellati, pur essendo la seconda carica dello Stato, è percepita come troppo vicina a Silvio Berlusconi. Emma Bonino ha invece relazioni più trasversali, ma non è esattamente nel suo momento di maggiore popolarità.

LA FINE DELLA VICENDA “LOGGIA UNGHERIA”