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Politica
Rai, non c'è accordo nella maggioranza. FdI vuole votare il nuovo Cda, ma FI punta alla proroga
Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani

Rai, maggioranza spaccata ma il Cda è scaduto a maggio. Gli scenari

La questione Rai non sembra essere vicina a una soluzione, la maggioranza si è spaccata sulle modalità e sui nomi da scegliere per il nuovo cda. La scadenza era fissata per il prossimo 12 settembre, ma stando così le cose come ammettono gli stessi partiti di governo l'appuntamento rischia di slittare. Di fatto, - riporta Il Messaggero - Lega e Forza Italia fanno melina - se non c’è accordo nella maggioranza sul dg e neanche con le opposizioni sul presidente, inutile procedere - e il Pd e il resto della minoranza tanto meno spingono per il voto visto che vorrebbero una nuova governance televisiva solo una volta che sia stata fatta la nuova legge sulla Rai. E allora, il marasma pre-vacanziero tra il palazzo di Viale Mazzini e i palazzi della politica si sta riproponendo tale e quale in questa fase. FdI infatti spinge per votare subito per il nuovo Cda. Meloni studia le prossime possibili mosse. Due opzioni, anzi tre, sono sul tappeto in questo stallo che rischia di durare a lungo.

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La prima - prosegue Il Messaggero - è quella della forzatura, e stuzzica una parte di FdI (anche se Meloni ci va cauta). Questo lo schema: il 12 settembre il Parlamento vota comunque i 4 del Cda, assolvendo gli obblighi di legge secondo cui il consiglio va rinnovato, essendo scaduto a maggio. Il Mef indica i due componenti - quello che farà il dg e quello che farà il presidente - di scelta governativa. Il Cda ratifica l’ad e poi si va in Vigilanza Rai ad eleggere il presidente. Se quest’ultimo - si tratta in questa circostanza di Simona Agnes, vicina a Forza Italia - non ha i due terzi dei voti, compresi quindi quelli aggiuntivi di parte della minoranza, si va avanti lo stesso. E il presidente lo fa il più anziano dei consiglieri, visto che il dominus della Rai, secondo la legge in vigore, voluta a suo tempo da Renzi, è l’ad. Ma c'è un'altra incognita, il 23 ottobre il Tar si pronuncerà sul ricorso presentato e potrebbe decidere di imporre un’altra modalità di elezione della governance televisiva.






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