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Politica
Referendum giustizia, al voto nel silenzio dei media: perché andare a votare
Marta Cartabia

Sin dai tempi di Tangentopoli (ma anche prima), della carcerazione preventiva si è continuato a fare un uso sconsiderato, il più delle volte nei confronti di persone sottoposte ad indagine che – dopo i tre gradi di giudizio – o risultano innocenti oppure condannati a pene che non prevedono l’effettiva reclusione. Vediamo come funzionano oggi le misure cautelari.

Quando sussiste almeno una delle esigenze cautelari previste dal codice di procedura penale (pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato), e solo quando il pericolo è concreto ed attuale, il Pm può chiedere al Gip l’applicazione di una misura cautelare nei confronti della persona sottoposta ad indagini.

La difesa non può nulla, se non presentare (dopo che la misura è stata eseguita) istanza al tribunale del riesame oppure depositare allo stesso Gip istanze di revoca o di sostituzione della misura (in quest’ultimo caso solo se sussistono elementi nuovi ai sensi dell’art. 299 c.p.p.).

Il quesito referendario intende abrogare l’art. 274, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale (d.p.r. n. 447/1988), limitatamente alla parte in cui consente l’applicazione della misura cautelare per i delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni e, per la custodia cautelare in carcere, per i delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti.

In pratica, se i cittadini decidessero di abrogare la norma oggetto del quesito referendario, le misure cautelari (tra cui quella invasiva del carcere) sarebbero applicabili nei casi stabiliti dal primo periodo della lettera c) dell’art. 274, comma I c.p.p., vale a dire solo per “gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata”.

Dunque, non è vero che assassini, rapinatori o stupratori non finirebbero più in galera: per questi reati, e per quelli di mafia o di sovversione dell’ordine democratico, la custodia cautelare in carcere sarebbe ancora applicabile. Il quesito mira a limitare in modo decisivo il ricorso alle misure cautelari, in primis la custodia cautelare in carcere che resterebbe in vigore solo per quei reati particolarmente gravi che giustificano un’attenzione alta da parte dello Stato.

L’argomento riporta alla mente il caso Enzo Tortora: il noto conduttore televisivo fu sottoposto a 271 giorni di custodia cautelare per poi risultare completamente estraneo ai fatti in grado di appello, dove fu assolto con formula piena.

5- Abrogazione della Legge Severino – Scheda di colore rosso

Sulla spinta di un’antipolitica dilagante prima delle elezioni politiche del 2013, il Governo Monti adottò - su delega del Parlamento - il D.Lgs. n. 235/2012 (“Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo”).

Il decreto legislativo prevede la incandidabilità alla Camera e al Senato, oltre che al Parlamento europeo, di tutti i soggetti condannati con sentenza passata in giudicato ad una pena superiore a due anni di reclusione per delitti non colposi, con l’automatica interdizione dai pubblici uffici (quindi anche dal ricoprire incarichi di Governo) per un periodo di sei anni, compresa l’esclusione dal Parlamento – se la sentenza passa in giudicato dopo l’elezione – su decisione della Camera di appartenenza del condannato.

La Corte costituzionale - con sentenza n. 35/2021 - ha inoltre stabilito che sia conforme alla Costituzione la sospensione automatica della carica di parlamentare (sulla quale deve comunque decidere la Camera di appartenenza), di membro del Governo, di presidente di regione, assessore regionale e sindaco, anche quando la condanna non è definitiva ma solo per reati di particolare gravità.

Sospendere addirittura il sindaco, senza neppure che la sentenza passi in giudicato ma solo dopo l’emanazione della sentenza di primo grado, dà il segno a cui è arrivato il giustizialismo nel nostro Paese. Dopo l’abrogazione dell’immunità parlamentare avvenuta nell’ottobre 1993 (per cui da allora le Procure possono indagare i parlamentari senza l’autorizzazione a procedere della Camera di appartenenza), quello della Legge Severino è lo strumento più potente che la politica abbia consegnato alla magistratura per farsi incastrare.

Il quesito mira, pertanto, ad abrogare la Legge Severino al fine di scongiurare i “processi politici”, in modo tale da evitare che siano i giudici a decidere - al posto del popolo - chi può essere eletto e chi no.

Referendum giustizia 2022 e la strage di Capaci 

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