Politica
Referendum, Sì o No il 4 dicembre? Oggi la politica è desolante
Ha ragione Vauro, ecco perché
Nella insalatona di parole, parole, parole, soltanto parole come cantava Mina, sciorinate in una logorrea irrefrenabile sulla riforma costituzionale da approvare o respingere con un Sì o un No il 4 dicembre, è venuta dal vignettista del settimanale Left, Vauro Senesi la felicissima constatazione ricordata a Otto e mezzo di LA/7: un tempo la Politica era capacità d'immaginare una nuova società, era cultura, era partecipazione, era passione, era emozioni, rispetto al clima desolante di oggi.
E' vero, un tempo, c'erano nella Politica, nella sinistra italiana, personaggi dotati di alto spessore culturale e morale, di una vivissima capacità d'immaginare dalla quale ricavavano idee e progetti per una nuova società che incentrata sull'umano doveva esser finalizzata a dare a ciascun individuo la massima libertà di decidere la propria esistenza e di costruire la propria vita. Una affascinante, anche utopica, ricerca continua di un cambiamento radicale dello status quo ideato dal capitalismo divenuto troppo costoso per l'umanità.
Il desolante, arido teatrino della politica odierno, dominato da sciatteria e trasformismo con i suoi interpreti avulsi e lontani dalla realtà delle persone in carne ed ossa ridotte a merce e oggetti di scambio, non ha nulla a che vedere con il progetto mai realizzato per la sua portata rivoluzionaria di una società più ricca perchè diversamente ricca concepito da Riccardo Lombardi dove anche all'operaio, qualora lo avesse voluto, sarebbe stato garantito, attraverso le 150 ore di formazione continua, volute da Bruno Trentin, di imparare a suonare il violino o studiare per poter apprezzare Omero e Picasso.
Ha ragione, dunque, Vauro: la buona politica di un tempo aveva la capacità d'immaginare nel suo dna, o almeno in alcuni eretici e alto profilo intellettuale, tanto che vollero un salario dignitoso e l'art.18 dello Statuto dei Lavoratori, l'energia elettica in ogni casa e trasporti a tariffe sopportabili e l'accesso ai saperi e alla conoscenza, il diritto alla salute e all'istruzione per tutti/e: in altre parole seguite da fatti concreti, un manipolo di uomini di cultura prestati alla politica, tentò di far passare il criterio di mettere assieme bisogni materiali e bisogni immatieriali, entrambi rottamati dalla sciatta e disumana politica di oggi.
Forse Vauro avrebbe potuto essere più profondo e dire che quella Politica fatta di cultura, partecipazione, passione e emozione perchè ispirata da una viva e solida capacità d'immaginare annoverava tra i suoi geniali, generosi, onesti interpreti, riformisti rivoluzionari della stazza di Riccardo Lombardi, Bruno Trentin, Pietro Ingrao, Vittorio Foa e Lelio Basso che difesero, senza se e senza ma, per averla vista nascere all'indomani del terrifico Ventennio nazi-fascista, la Carta Costituzionale del '48.
E lo fecero ben sapendo che non era la Carta Costituzionale più bella del mondo in quanto frutto amaro di un compromesso di potenza tra i due grandi partiti di massa, tra le due grandi Chiese, Dc e Pci, imposto a un Psi fragile e deficitario di autonomia e indipendenza dal Pci. Quella Carta Costituzione definì e sancì principi e valori di elevata umanità e socialità ma non definì e sancì adeguati strumenti - il modello istituzionale, la scelta della Repubblica parlamentare invece della Repubblica presidenziale - per la sua concreta attuazione.
Rispetto alle erudite discettazioni del novello maitre à penser vicino Palazzo Chigi, lo psicoanalista Massimo Recalcati che, abbarbicato all'inconscio ariano di Gustav Jung e al'inconscio inconoscibile di Sigmund Freud che salutò Mussolini eroe della cultura, chiama mummie chi osa criticare l'autore di una riforma costituzionale che tradisce valori, principi e spirito della Carta Costituzionale, la felice constatazione del vignettista Vauro, la capacità d'immaginare la vittoria del No, è una boccata d'ossigeno entrata nel fatuo teatrino della contemporanea, arida, vuota politica.