Politica

Referendum sondaggi vietati, il "No" sente aria di recupero. Nuovi rumor

Di Alberto Maggi

Referendum taglio dei parlamentari, se il "Sì" resta sotto il 65% sarà una sconfitta del Movimento 5 Stelle

Ci siamo quasi. In queste ultime ore di campagna referendaria si confrontano in maniera anche aspra i sostenitori del Sì e quelli del No, tra i quali si è aggiunto anche il primo segretario del Partito Democratico Valter Veltroni. I sondaggi, come noto, non si possono pubblicare per legge, ma tra i parlamentari di maggioranza e di opposizione le scommesse sul risultato si sprecano. Deputati e senatori hanno già fissato l'asticella per capire se la grande scommessa dei 5 Stelle, e in particolare del ministro Luigi Di Maio, verrà vinta o meno. Ipotizzare un successo dei contrari al taglio del numero dei parlamentari è davvero difficile, anche se la mobilitazione sta aumentando man mano che si avvicina l'apertura delle urne.

E' ormai opinione diffusa che non sarà un plebiscito a favore del Sì alla riduzione degli eletti come si pensava mesi fa quando la percentuale dei favorevoli alla sforbiciata veleggiava tra l'80 e il 90%. L'asticella che più o meno tutte le forze politiche hanno fissato è quella del 35% di No. Sotto questa soglia, e quindi con il Sì oltre il 65%, sarebbe un trionfo di chi ha voluto il taglio dei parlamentari, i 5 Stelle, se invece i contrari alla riforma costituzionale fossero oltre il 35%, o addirittura sopra il 40, sarebbe comunque un successo del No (considerando che l'ultimo passaggio in Parlamento è stato approvato con il 98% dei voti) e un chiaro segnale negativo per i pentastellati (e in parte anche per il Pd che faticosamente ha deciso all'ultimo momento di schierarsi a maggioranza a favore della riduzione dei parlamentari).

L'impressione, stando sempre ai 'si dice' della politica romana, è che il fronte del No non sia alimentato dalla voglia di bocciare il governo, come accadde nel 2016 con la riforma costituzionale voluta dall'ex premier Matteo Renzi. E' mancata in sostanza la politicizzazione del voto, anche se nelle ultime settimane Di Maio ci ha messo la faccia in maniera pesante. L'ottimismo del No, che sente aria di rimonta, sarebbe legato al merito stesso della riforma, giudicata da una parte dell'elettorato come incompleta e ininfluente sul fronte del taglio dei costi della politica.

C'è poi da considerare che nonostante Matteo Salvini continui a dichiarare di votare Sì per coerenza sono molti gli esponenti del Carroccio che si sono schierati per il No. Oltre a Giancarlo Giorgetti e a Gianmarco Centinaio, ad esempio, il popolarissimo (in Friuli Venezia Giulia) presidente Massimiliano Fedriga ha dichiarato che voterà No e, basta guardare i social, molti militanti leghisti del lembo nord-orientale dell'Italia non seguiranno l'indicazione di Salvini. Insomma, i contrari al taglio dei parlamentari sentono aria di rimonta, anche se la vittoria appare davvero difficile. Ma se il Sì si fermasse sotto il 65% sarebbe comunque un brutto segnale per il M5S (e in seconda battuta per il Pd).