Referendum spacchettato in 6. Basta un sì e niente dimissioni
Referendum istituzionale, così Renzi potrà dire 'non ho perso'
Non ci sono dubbi. Matteo Renzi teme il referendum istituzionale di ottobre (molto più di quanto non lo preoccupino le Amministrative del 5 giugno). Lo si capisce dal nervosismo di Maria Elena Boschi (caso Anpi) e dai continui interventi sulla necessità di compattare il Partito Democratico a sostegno del sì. Ed ecco che - secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it - il premier starebbe preparando un vero e proprio colpo di scena: accettare la proposta di spacchettamento del quesito referendario avanzata dai Radicali. In questo modo il presidente del Consiglio spera di riportare il dibattito sul merito della riforma e non più su stesso e sul suo addio alla politica in caso di eventuale successo del no. L'idea sarebbe quella di dividere il referendum addirittura in sei differenti domande da sottoporre agli italiani. E nel caso in cui arrivasse anche solo la vittoria di un sì dalle urne, Renzi potrebbe dire di non aver perso o, quantomeno, di aver "pareggiato". E a quel punto sia lui sia la Boschi eviterebbe di dimettersi come più e più volte annunciato come conseguenza della bocciatura delle riforme. I punti "caldi" sui quali il leader è convinto di potercela fare senza grossi problemi sono la fine del bicameralismo perfetto e la riduzione del numero dei parlamentari. È evidente che su questi argomenti il premier potrebbe sbandierare in campagna elettorale l'asso della riduzione dei costi della politica (tanto caro all'elettorato grillino). Più ardua la sfida sui criteri per l'elezione del presidente della Repubblica, sulle funzioni del nuovo Senato e sul rapporto Stato-Regioni. Ma comunque basterebbero due sì (o anche soltanto uno) per far dire a Renzi e alla Boschi il giorno dopo il referendum di non aver perso la sfida con le urne. E poter continuare a restare alla guida del Paese.