Politica

Altro che la Thatcher, il modello di Renzi è Tony Blair

Di Pietro Mancini

Renzi-Matteo, non il padre, Tiziano - può essere criticato. Ma il suo progetto di riforma costituzionale non è un "attacco allo Stato": quello lo sferrarono, negli anni di piombo, le Brigate rosse...E neppure una rischiosa partita a poker, con in palio la democrazia. De Gasperi? Fanfani? Craxi? Berlusconi? La ministra Boschi, che sognerebbe, addirittura, le "riforme" di Mussolini? Personaggi discussi, assai diversi da Renzi, epoche non paragonabili all'attuale ed egemonie molto più lunghe della leadership del giovane premier e segretario del PD. Mussolini fomentò lo squadrismo e realizzò un colpo di mano, dopo un intermezzo elettorale e parlamentare. E, nel periodo seguente all'assassinio del socialista Matteotti, abolì i partiti e la libertà di stampa, poi varò le odiose leggi razziali contro gli ebrei. Chi accosta la riforma renziana alla cosiddetta "legge truffa"-come Piero Calamandrei definì la proposta del ministro Scelba- "dimentica" non solo che, nel 1953, non diede la maggioranza assoluta alla coalizione di De Gasperi, ma segnò la fine della supremazia dello statista trentino, che morì nel '54. Fanfani? Il "Cavallo di razza" della Dc, aretino come la Boschi, cadde e risorse tante volte al punto che Indro Montanelli lo definì il "rieccolo".

Non riusciamo a immaginare Renzi ("punto-ha annunciato-a restare a Palazzo Chigi fino al termine della prossima legislatura e a non finire nel cimitero degli elefanti politici"), che arringa le folle, come don Amintore, contro il divorzio e i diritti civili... Il premier toscano ha scelto di rottamare la vecchia politica, contestandone, radicalmente, le obsolete liturgie, i penultimatum, le polverose ideologie, saltando le estenuanti mediazioni, archiviando i polverosi "libri dei sogni". E ha lanciato, sulla modernità, la sfida ai sindacati, come fece Craxi, che sconfisse il Pci e la Cgil di Lama, nel referendum del 1985, che confermò il taglio di 3 punti della scala mobile: una grave batosta, a cui Berlinguer, morto un anno prima, non assistette. Ma al leader socialista non riuscì a fare del Psi, come Mitterrand in Francia, il partito-guida della sinistra, mentre Renzi guida, in Europa, il gruppo più forte del riformismo.

E il suo modello è il laburista Tony Blair, non Reagan e la Thatcher, cui si ispirò Berlusconi. Matteo, spesso, viene accostato all'ex premier lombardo solo perchè ha archiviato il vecchio e fallimentare antiberlusconismo (definito da Carlo de Benedetti una "disfatta culturale della sinistra"), che spingeva a "squalificare", moralmente, il fondatore di Forza Italia. Renzi, invece, si confronta con il "principale esponente dello schieramento avversario", di veltroniana memoria. E, talvolta, come con il "patto del Nazareno", firma intese politiche con lui e con il senatore Verdini. Matteo, dunque, dissonante dai predecessori e, sinora, pragmatico, innovativo ed incisivo, come stratega del breve periodo. Il premier dovrebbe, tuttavia, mantenere l'impegno, che assunse quando scese in campo, sfidando i vecchi leader del PD, ad anteporre i meriti all'obbedienza. Non sempre lo fecero Craxi e Berlusconi. Ma un vero leader aumenta il suo prestigio e la sua credibilità, non solo scegliendo persone competenti e valide, ma anche accettando la loro autonomia e non ritenendola un pericolo.