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Politica
Riforma pensioni, novità importanti. Chi andrà in pensione prima (e chi no)


Naturalmente tra le varie cose che si dicono sulla pensione con quota 41 per tutti, le penalizzazioni di assegno la fanno da padrona. Perché una misura del genere si scontrerebbe profondamente con la necessità di non gravare sulle casse dello Stato in maniera profonda. Se è vero che i peggioramenti introdotti dalla riforma Fornero furono dettati da una crisi economica grave, è altrettanto vero che i correttivi dovrebbero nascere in virtù di tempi economici migliori. Tempi di crescita che oggi non esistono, anzi, la crisi attuale sembra essere peggiore persino di quella crisi economica grave che dovette affrontare il governo del 2011, quello del Premier Mario Monti e della Ministra del Lavoro Elsa Fornero.

E allora ecco che i progetti di quota 41, mirano alla salvaguardia delle casse statali. E se non si può risparmiare sulla spesa pubblica, partendo da un taglio di platea, allora ecco che si mira ad intervenire sugli importi delle pensioni. Ed entra in scena il calcolo contributivo. Perché si pensa ad una quota 41 che preveda l’obbligo di calcolare l’assegno pensionistico con il sistema contributivo. Una cosa che oggi per esempio accade ad opzione donna. Tagliando la pensione a chi esce con quota 41 per tutti, il taglio di platea non verrebbe imposto dallo Stato, ma lasciato alla facoltà di scelta dei lavoratori.

La scelta sarebbe questa per i lavoratori. Perché il varo di quota 41 per tutti produrrebbe una misura parallela alla pensione anticipata ordinaria, senza cancellare quest’ultima. E la platea dei beneficiari di questa misura si ridurrebbe di quanti non accetteranno il taglio di assegno restando a lavorare fino ai 42 anni e 10 mesi. Perché tra coefficienti di trasformazione penalizzanti e carriere che si interrompono a 41 anni senza arrivare a 42,10, il contributivo andrebbe a peggiorare un assegno già di per se inferiore fisiologicamente. Lo stesso taglio di assegno, che subirebbero i pensionati a cui verrebbe concessa anche la facoltà di uscire a 62 anni di età con la pensione flessibile una volta raggiunti i 20 anni di carriera.

Infatti si ragiona pure sul concedere la facoltà di uscita a partire dai 62 anni di età con 20 anni di contributi. Rendendo la pensione più facile anche per chi non ha quelle carriere lunghe e continue che sono alla base della quota 41 per tutti o della pensione anticipata odierna. Flessibilità in uscita che sempre per via delle carriere interrotte prima e dei coefficienti di trasformazione peggiorativi a 62 anni rispetto ad età più elevaste, produrrebbero pensioni più basse.

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