Politica

Salvini spara su Draghi. Mossa contro Mario (e anti-Meloni) alla guida dell'Ue

Di Alberto Maggi

Nel libro “Controvento” attacco di Salvini a Draghi su ministri, tasse e Colle

Salvini fiuta che Draghi potrebbe andare a guidare la Commissione europea e si smarca per conquistare voti a destra


Matteo Salvini all'attacco di Mario Draghi. E non è affatto un caso. Proprio quando il nome dell'ex presidente del Consiglio prende sempre più quota come nuovo presidente della Commissione europea, con l'inevitabile via libera di Giorgia Meloni (obtorto collo), il vicepremier passa al contrattacco per smarcarsi dalla leader di Fratelli d'Italia. Prima l'obiettivo era abbattere Ursula von der Leyen, ora il mirino si sposta su SuperMario, sempre in chiave campagna elettorale per le elezioni europee con a sfida tutta a destra.

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Non è affatto un caso che proprio oggi la Lega abbia fatto uscire stralci molto interessanti e mirati di “Controvento”, il libro di Salvini che sarà presentato in anteprima a Milano il 25 aprile e sarà nelle librerie dal 30 aprile

Vediamo gli stralci che fanno perfettamente capire la strategia di smarcamento della Lega nei confronti di Draghi, ovviamente in ottima presidente della Commissione Ue.

"Il Colle affidò l’incarico di formare un nuovo governo di emergenza nazionale a Mario Draghi. Un nome di prestigio internazionale che circolava da tempo. Nel centrodestra, Draghi godeva di ottima considerazione.

(…) Telefonai a Mario Draghi quando il governo era tutto da costruire, e ci mettemmo d’accordo per vederci riservatamente. Il premier in pectore mostrò massima disponibilità a collaborare, pur consapevole della drammaticità del momento e della difficoltà generata da una maggioranza eterogenea.

Non potevamo immaginare l’evoluzione della crisi Covid con tutte le laceranti conseguenze, a partire dal dibattito sulle libertà personali, sull’equilibrio tra diritto alla salute e del lavoro, su green pass e vaccini.

Al di là della cortesia dei primi approcci, il premier Draghi scelse di non condividere con i segretari dei partiti nemmeno la scelta dei ministri. Ricordo che ero a casa, quando mi squillò il telefono. Palazzo Chigi. Da lì a dieci minuti, i nomi degli aspiranti ministri sarebbero stati consegnati al Colle. Ripeto: dieci minuti. Draghi mi comunicò di aver individuato in Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia ed Erika Stefani i leghisti meritevoli di ottenere dei dicasteri.

Nomi autorevoli che godono della mia totale stima e fiducia, ma il metodo era evidentemente sbagliato. Peraltro, era opinione diffusa in tutti i partiti".

Ecco la prima stoccata all'ex presidente del Consiglio e della Bce: "Metodo evidentemente sbagliato" e nomi dei ministri non condivisi.

Salvini scrive ancora: "Non fu l’unico scivolone, perché nell’esecutivo che doveva essere dei migliori figuravano alcuni nomi francamente sconcertanti come la disastrosa Luciana Lamorgese confermata al Viminale, per non parlare di Roberto Speranza alla Salute, fino all’irriducibile Di Maio agli Esteri, non esattamente una partenza brillante.

Dalla manovra alle nomine, espressi sempre al presidente del Consiglio la massima determinazione a semplificargli la vita. Senza mai avanzare pretese su poltrone o incarichi. Alla vigilia della prima manovra economica, organizziamo una riunione informale della Lega con il ministro Giorgetti.

Chiamai Draghi per confrontarmi su alcune misure e spiegare che la bozza del governo sulla rottamazione delle cartelle esattoriali era assolutamente insufficiente per raggiungere gli obiettivi che ci eravamo ripromessi. Era e rimane nostra intenzione garantire ai cittadini che hanno correttamente fatto la dichiarazione dei redditi, ma che non sono riusciti a onorare il proprio debito con il fisco, di ripartire pagando solo una parte del dovuto. Chiamatelo saldo e stralcio, rottamazione o pace fiscale: l’importante è il risultato.

Non è un premio ai furbi o ai delinquenti, ma un percorso ragionevole per restituire dignità e lavoro a chi si è trovato di fronte a difficoltà inaspettate. Purtroppo, nonostante le rassicurazioni del premier, quel governo non fece assolutamente nulla di utile in questa direzione".

Ecco un'altra mazzata del segretario leghista a Draghi, pesantissima.

Scrive sempre Salvini: "All’inizio del 2022 si giocò la delicata partita del successore di Sergio Mattarella. Nella conferenza stampa di fine anno, il presidente del Consiglio aveva fatto intendere di ritenere sostanzialmente conclusa la sua missione al governo. Un’uscita che in molti avevano letto come l’ammissione di voler puntare al Colle. Per la prima volta nella storia, il centrodestra partiva con numeri migliori rispetto al centrosinistra, ma non sufficienti a eleggere un proprio esponente senza il sostegno di almeno un pezzo dello schieramento rivale.

(…) ricordo un ultimo incontro con il presidente Draghi in cui sondava la disponibilità della Lega e del centrodestra in generale per un’eventuale sua ascesa al Colle. Alla mia domanda diretta: «In caso di sua elezione che ne sarà del governo?», la risposta non arrivò. O meglio, ci fu un «ne parleremo dopo…»". Altro siluro di Salvini, anche sulla mancata elezione a presidente della Repubblica di Draghi.

E' evidente la strategia del Carroccio: attaccare Draghi che rappresenterà l'establishment europeo per cercare voti a destra sapendo che Meloni, da premier, non potrà certo dire di no a SuperMario alla guida dell'esecutivo Ue. Come in una partita a scacchi, Salvini muove le sue pedine. E la mossa sembra azzeccata, almeno in chiave di comunicazione e marketing politico.