Politica

Salvini tenta di far breccia nei 5S. Mes, la Lega scommette sulla crisi

Alberto Maggi

Attaccare Conte, aprire a Di Maio. La strategia del segretario leghista

Al di là delle dichiarazioni roboanti e ottime per la diretta televisiva e via social - come il "si vergogni" rivolto a Giuseppe Conte con cui ha concluso il suo intervento a Palazzo Madama - il senso politico del discorso di Matteo Salvini sul Mes è quello di tentare di far breccia nei parlamentari del Movimento 5 Stelle. Da un lato il leader leghista ha nuovamente sparato ad alzo zero sul presidente del Consiglio e sul ministro dell'Economia Roberto Gualtieri ("Uno di voi due mente") dall'altro ha usato parole di grande apertura per i pentastellati. Qui il passaggio chiave dell'ex ministro dell'Interno: "Mi rivolgo agli amici dei 5 Stelle e dico che condivido le vostre richieste espresse alla Camera".

Bastone e carota, anche perché - come rivela un big del Carroccio a Montecitorio - l'obiettivo è quello di far emergere i numerosi mal di pancia che ci sono tra i deputati e i senatori grillini. "Vediamo se davvero tirano fuori i coglioni, su questa cosa il governo rischia davvero", afferma un parlamentare della Lega molto vicino a Salvini. Ecco perché Di Maio è stato molto freddo con Conte alla Camera, senza nemmeno salutarlo quando ha deciso di lasciare l'Aula. Ecco perché il ministro degli Esteri non era presente a Palazzo Madama nei banchi del governo. Ed ecco perché il leader dei 5 Stelle ha deciso di riunire ministri e sottosegretari pentastellati per "fare il punto della situazione". Il tempo della mediazione è finito. O si sta con Gulatieri, Conte e l'Unione europea e si va avanti con il Mes o si sta con i sovranisti di Lega e FdI.

Lo spazio e il tempo per le mezze misure ormai sono quasi finiti. Ora si capisce bene perché nelle scorse settimane, facendo infuriare Giorgia Meloni, Salvini non ha mai chiuso definitivamente la porta al M5S e in particolare a Di Maio. Il segretario del Carroccio ha sempre detto "Mai con il M5S che sta con il Pd" e non "Mai con i 5 Stelle. Punto". Una sottolissima differenza che oggi, alla luce del suo discorso a Palazzo Madama sul Mes, acquista un'enorme rilevanza. Anche perché tra i pentastellati non c'è solo il senatore Gianluigi Paragone ad avere forti dubbi sulla riforma del Fondo Salva-Stati. Pare che siano almeno 80-90 deputati e una quarantina di senatori che nutrono forti perplessità sulla possibilità di procedere così come chiede l'Ue.

A completare il senso della strategia di Salvini sono le parole del capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, leghista stimato da tutti e sempre preciso nei suoi interventi: "O lei presidente (Conte, ndr) porta un documento in Aula e la maggioranza smentisce quanto votato lo scorso giugno, e M5S si prende la responsabilità votando e cambiando l'atto di indirizzo" approvato a giugno quando era in carica il governo gialloverde, oppure, "ma se così non sarà, e conoscono l'orientamento del Movimento, dimostri di avere a cuore la Costituzione e se ha intenzione di votare il fondo salva-stati vada da chi è veramente garante della Costituzione e rassegni immediatamente le dimissioni perché il governo non ha rispettato il mandato parlamentare, dimostri che le sta veramente a cuore la Costituzione e che non le interessa solo mantenere la sua poltrona da premier". Sparare sul premier, tendere la mano a Di Maio. Ecco la chiave dell'intervento di Salvini.

 

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